Nuovi antiretrovirali

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Notizia da Poloinformativo HIV AIDS

Sono in fase di sviluppo nuovi antiretrovirali che possono offrire vantaggi come una miglior tollerabilità e una riduzione degli effetti collaterali a lungo termine: è quanto emerge dai dati di alcuni studi presentati a IAS 2015.

Il tenofovir alafenamide (TAF) è una nuova formulazione del tenofovir in grado di raggiungere concentrazioni più elevate nelle cellule infettate dall’HIV e meno elevate nel plasma: l’esposizione al farmaco di reni, ossa e altri organi e tessuti è inoltre più limitata. Uno studio di fase 3, condotto su pazienti con esperienze pregresse di trattamento e con funzionalità renale nella norma, che hanno effettuato uno switch terapeutico alla nuova formulazione del tenofovir, ha evidenziato che chi era passato da un regime a base di Atripla o atazanavir/Truvada a uno a base di TAF (10mg), emtricitabina (200mg), elvitegravir (150mg) e cobicistat (150mg) otteneva una migliore risposta virologica, mentre chi veniva da un regime a base di Stribild mostrava una risposta pressappoco uguale. Chi passava al TAF aveva ripercussioni positive sui marcatori di funzionalità renale, mentre chi manteneva il regime con l’attuale formulazione del tenofovir (TDF) mostrava un peggioramento. La densità minerale ossea (bone mineral density, BMD) nella regione spinale aumentava in media dell’1,79% nel braccio del TAF e invece diminuiva, sempre in media, dello 0,28% in coloro che continuavano ad assumere il regime TDF.

Resoconto completo dello studio sul TAF su aidsmap.com

 

FONTE: aidsmap.com

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Doravirina efficace quanto l’efavirenz, con meno effetti collaterali

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Il nuovo NNRTI doravirina ha dimostrato in uno studio la stessa efficacia dell’efavirenz nel sopprimere la replicazione virale dell’HIV. Inoltre, si sono verificati effetti collaterali farmaco-correlati solo nella metà dei partecipanti che hanno assunto la doravirina, e in questo gruppo ci sono state meno interruzioni premature del trattamento.

I farmaci della classe di antiretrovirali degli inibitori non-nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTI) sono generalmente efficaci e facili da assumere.

L’efavirenz (Sustiva o Stocrin, contenuto anche nel combinato Atripla) è molto diffuso, ma causa spesso effetti collaterali a carico del sistema nervoso centrale, come vertigini e attività onirica anomala. Di conseguenza, nelle linee guida sul trattamento vigenti negli Stati Uniti o in Europa non viene più raccomandato ai pazienti che intraprendono per la prima volta il trattamento.

Il dott. José Gatell dell’Università di Barcellona ha riferito alla Conferenza gli ultimi risultati di uno studio ancora in corso che mette a confronto doravirina ed efavirenz nei pazienti che iniziano il trattamento antiretrovirale. Complessivamente, i tassi di risposta al trattamento sono risultati simili nei due gruppi, ma i partecipanti che assumevano la doravirina avevano il 50% in meno di probabilità di interrompere il trattamento. La differenza è principalmente riconducibile al più alto tasso di abbandono dovuto agli effetti collaterali dell’efavirenz.

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Un promettente inibitore della maturazione potrebbe essere il primo di una nuova classe

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La terapia antiretrovirale combinata (ART) comprende vari agenti che attaccano l’HIV in diverse fasi del suo ciclo di vita, ma nessuno dei farmaci attualmente approvati inibisce l’assemblaggio, la maturazione e la fuoriuscita dalla cellula ospite del virus.

L’inibitore della maturazione dell’HIV di nuova generazione BMS-955176 si è dimostrato ben tollerato ed efficace nella soppressione della carica virale quanto gli antiretrovirali standard se usato in combinazione con atazanavir (Reyataz) in uno studio di 28 giorni i cui risultati sono stati presentati alla Conferenza come ‘late-breaking’.

Se ne verranno ulteriormente comprovate sicurezza ed efficacia, BMS-955176 potrebbe diventare il capostipite di una nuova classe di antiretrovirali che rappresenterebbe un’importante alternativa per chi ha sviluppato una forte resistenza alle classi di farmaci attualmente in uso.

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FONTE: aidsmap.com

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Serosorting e carica virale

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Per ‘serosorting’ si intende la selezione di partner sessuali con lo stesso stato sierologico o la scelta di fare a meno del preservativo nei rapporti con tali partner. È chiaro, però, che la situazione non si può banalmente riassumere in “le persone HIV-negative scelgono altre persone HIV-negative” e “le persone HIV-positive stanno con altre persone HIV-positive”.

I maschi gay, per esempio, possono scegliere chi sarà il partner recettivo in base allo stato sierologico. Una persona HIV-negativa può decidere che è più sicuro fare sesso senza preservativo con un partner HIV-positivo con carica virale non rilevabile piuttosto che con uno che si dichiara HIV-negativo ma non fa il test da un anno. Per questi comportamenti “siero-adattivi” è tuttavia necessario che ci sia una sufficiente consapevolezza dei meccanismi di trasmissione dell’HIV a livello sia dell’individuo che della comunità, e allo stesso tempo possono esserci problemi legati allo stigma.

Stando ad alcuni studi presentati alla Conferenza, ci sono gruppi di maschi gay australiani e statunitensi che tengono in considerazione elementi come la carica virale non rilevabile in un partner HIV-positivo e il tempo trascorso dall’ultima volta che un partner HIV-negativo ha fatto il test, per decidere se usare o meno il preservativo in un rapporto sessuale.

Dai risultati di questi studi emerge che più in una comunità si discute del rischio di trasmissione dell’HIV con partner che hanno carica virale irrilevabile e più si diffonde la consapevolezza del rapporto tra carica virale e trasmissibilità, più questi elementi incidono sulle decisioni in merito all’uso del preservativo e più attenzione viene fatta allo stato sierologico del partner.

Resoconto completo su aidsmap.com

 

FONTE: aidsmap.com

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La profilassi pre-esposizione (PrEP)

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Le modalità di assunzione della PrEP e le impressioni delle persone che la assumono sono stati argomenti oggetto di molte discussioni alla Conferenza dell’International AIDS Society.

Due ampi studi, ADAPT (HPTN 067) e Ipergay, hanno dimostrato che è possibile optare per regimi programmaticamente intermittenti in modo che la maggior parte dei rapporti sessuali sia protetto dall’azione dei farmaci. Anche se questo dovrebbe proteggere dall’infezione, tuttavia, sono necessarie ulteriori informazioni farmacologiche per avere la certezza che chi assume la PrEP riesca a raggiungere una concentrazione dei componenti del Truvada (emtricitabina e tenofovir) sufficiente contro l’infezione.

Lunedì è stato presentato uno studio ancillare del regime farmacologico impiegato nello studio Ipergay. I partecipanti di Ipergay assumevano due dosi di PrEP prima del rapporto sessuale e due dosi dopo. Dai risultati è emerso che, negli MSM che seguivano questo regime, l’emtricitabina iniziava a svolgere la sua azione protettiva già 30 minuti dopo l’assunzione, ma il tenofovir impiegava 24 ore per raggiungere livelli sufficienti nei tessuti rettali. Ciò significa che la dose da assumere dopo il rapporto è cruciale per chi assume la PrEP meno di una o due volte la settimana.

Un altro studio farmacologico ha mostrato che i regimi intermittenti possono non garantire livelli di farmaco adeguati per la protezione della donna in un rapporto vaginale, perché il tenofovir risultava impiegare il doppio del tempo per raggiungere il livello picco nella cervice uterina rispetto al retto – senza contare che nella cervice non ha mai raggiunto più del 10% dei livelli riscontrati invece nei tessuti rettali.

In termini di protezione dalla trasmissione nei rapporti anali, gli autori hanno calcolato che con una dose di tenofovir si otteneva una protezione dall’HIV del 77%, una percentuale più alta del 38% suggerito da uno studio su espianti di tessuto rettale, anche se lì il limite inferiore dell’intervallo di confidenza era del 40%. La proiezione stimata è 89% dopo due dosi e 98% dopo tre: un precedente studio ancillare del trial sulla PrEP iPrEx aveva concluso che quattro dosi settimanali fossero sufficienti a garantire una protezione praticamente del 100% contro l’infezione da HIV.

Dunque cosa si può dedurre sull’efficacia preventiva del regime di Ipergay e dei regimi intermittenti di ADAPT?

Innanzitutto, ancora non si hanno informazioni sulla protezione nei tessuti vaginali e cervicali sufficienti a stabilire se e in che misura i regimi intermittenti sono efficaci per le donne o per gli uomini transessuali che hanno rapporti vaginali. Per il momento, a chi ha rapporti vaginali conviene quindi raccomandare l’assunzione giornaliera della PrEP.

Per quanto riguarda i rapporti anali, invece, sembra effettivamente di poter affermare che la PrEP garantisca un buon livello di protezione fino a una settimana dopo l’ultima dose assunta, se l’assunzione è stata regolare. L’emtricitabina entrerebbe in azione già qualche ora dopo l’assunzione di una successiva doppia dose, purché l’intervallo non sia più lungo. Se invece la PrEP viene assunta prima del rapporto ma dopo un lungo intervallo di tempo è fondamentale assumere anche le dosi successive al rapporto – entrambe.

Complessivamente si nota che il regime di Ipergay consente più flessibilità nei tempi di assunzione, perché la prima dose post-rapporto può essere assunta in qualunque momento nelle 24 ore successive: il che è molto più facile che doverla assumere nelle due ore immediatamente successive al rapporto, cosa che ha creato difficoltà ai partecipanti di ADAPT. I motivi per cui le persone richiedono – o non richiedono – la profilassi pre-esposizione o la assumono – o no – una volta avuta la prescrizione sono probabilmente molto vari e dipendono tanto da fattori sociali (le politiche locali) e credenze culturali quanto da elementi più personali come l’avere o meno una relazione.

FONTE: aidsmap.com

 

Nuove infezioni diminuite del 35%, sconfiggere la malattia nel 2030

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Nel nel mondo le nuove infezioni da Hiv sono diminuite del 35% dal 2000. A rendere nota la notizia l’agenzia dell’Onu Unaids, spiegando tuttavia che occorre aumentare le risorse per la lotta all’Aids con 29 miliardi euro all’anno da ora fino al 2020 per poter sconfiggere la malattia entro il 2030.

Il direttore di Unaids, Michel Sidibe, ha spigato nel rapporto: “L’obbiettivo è stato raggiunto 9 mesi prima del previsto, adesso dobbiamo realizzare un ulteriore sforzo: avere 15 milioni di persone in trattamento antiretrovirale nei Paesi in via di sviluppo entro il 2015. Il bersaglio è stato colpito infatti a marzo di quest’anno, ed era stato istituito nel giugno 2011, durante la riunione delle Nazioni Unite sull’Hiv/Aids, ricorda il nuovo rapporto dell’Unaids. La risposta globale all’Hiv ha evitato di 30 milioni di nuove infezioni e quasi 8 milioni (7,8 milioni) di decessi per Aids dal 2000, quando sono stati fissati gli obiettivi del millennio.

“Il mondo sta facendo passi avanti nell’arrestare l’epidemia di Aids”, ha detto Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite. “Ora dobbiamo impegnarci a porvi fine come parte degli Obiettivi di sviluppo sostenibile”. “Quindici anni fa l’Aids era considerata una malattia degli altri e il trattamento riservato ai ricchi e non ai poveri”, ha detto Michel Sidibé, direttore esecutivo di Unaids. “Abbiamo dimostrato che si sbagliavano, e oggi abbiamo 15 milioni di persone in trattamento: 15 milioni di storie di successo”.

FONTE: improntaunika.it

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Epatite C, aggiornamento linee guida americane

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L’Associazione Americana per lo Studio delle Malattie del Fegato (AASLD), insieme ad altre società, hanno aggiornato le linee guida per il trattamento dell’infezione virale da epatite C (HCV), compreso l’uso di farmaci antivirali ad azione diretta. Tale aggiornamento è stato pubblicato online il 25 giugno su Hepatology.

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la prevalenza globale di infezione cronica da HCV si sta avvicinando ai 150 milioni. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti hanno riferito una prevalenza di 2,7 milioni, con 30.000 nuovi casi acuti nel 2013. Le conseguenze per la salute dovute all’ HCV includono complicanze della cirrosi o epatocarcinoma.

“La buona notizia è che l’HCV è ormai sul punto di essere una malattia curabile per milioni di americani, in molti dei quali non è diagnosticata,” ha dichiarato il co-chair del pannello il dr. Gary Davis, presidente della MedLogician Consulting: “La nuova linea guida online è una risorsa facile da usare per i professionisti che trattano pazienti con HCV attraverso i nuovi farmaci antivirali”.

Il pannello di scrittura ha incluso 26 specialisti in epatologia e malattie infettive, così come un rappresentante dei pazienti, che si sono occupati di test per l’HCV e il collegamento per la cura, la terapia iniziale dell’infezione da HCV nei pazienti naive al trattamento, il ritrattamento per pazienti refrattari ad una precedente terapia, e dati per popolazioni speciali di pazienti.
Secondo i nuovi dati disponibili presentati all’Internazionale Liver Congress 2015 (congresso dell’EASL , l’Associazione Europea per lo Studio del Fegato), il pannello aggiorna sezioni su quando e in chi iniziare la terapia, il trattamento iniziale, ritrattamento, l’infezione acuta da HCV, e le popolazioni speciali (coinfezione HIV/HCV, cirrosi scompensata e insufficienza renale).

“La guida è un documento che verrà continuamente aggiornato con consigli evidence-based su come utilizzare al meglio la nuova generazione di antivirali ad azione diretta e di altre opzioni di trattamento”, ha detto la dr.ssa Keith Lindor, presidente eletto dell’ Associazione Americana per lo Studio delle Malattie del Fegato: “Il nostro ruolo come associazioni di ricercatori e medici è quello di fornire informazioni chiave nel formato appropriato per i pazienti e coloro che si occupano di loro.”

Alcuni degli aggiornamenti specifici sono i seguenti:
Tutti i pazienti con infezione cronica da HCV devono essere trattati con l’eccezione di quelli con breve speranza di vita a causa di condizioni di comorbidità.
Sulla base delle risorse disponibili, ai pazienti ad alto rischio di complicanze epatiche dovrebbe essere data la massima priorità per il trattamento immediato.

Pazienti naive al trattamento con HCV di genotipo 1a o infezione 1b dovrebbero ricevere al giorno sofosbuvir (400 mg) più simeprevir (150 mg) per 12 settimane (senza cirrosi) o 24 settimane (cirrosi senza Q80K polimorfismo), con o senza ribavirina in base al peso (da 1000 mg [ 75 kg]).
Pazienti naive al trattamento con infezione HCV di genotipo 3 dovrebbero ricevere al giorno sofosbuvir (400 mg) e in base al peso ribavirina più peginterferone settimanale per 12 settimane o, in alternativa, sofosbuvir giornaliero e in base al peso ribavirina per 24 settimane, se sono l’interferone-ammissibili.

Pazienti naive al trattamento con infezione HCV di genotipo 5 o 6 dovrebbero ricevere una combinazione a dose fissa giornaliera di ledipasvir (90 mg) / sofosbuvir (400 mg) per 12 settimane o, in alternativa, sofosbuvir giornaliera e in base al peso ribavirina più peginterferone settimanale per 12 settimane. Non è raccomandato peginterferone e ribavirina con o senza simeprevir per 24 a 48 settimane.

I pazienti con infezione HCV di genotipo 1a o 1b senza cirrosi ma con fallimento di un precedente trattamento con peginterferone e ribavirina deve ricevere al giorno sofosbuvir (400 mg) più simeprevir (150 mg) per 12 settimane.
Le società che collaborano con l’Associazione Americana per lo Studio delle Malattie del Fegato nell’aggiornamento di queste linee guida sono Infectious Diseases Society of America and the International Antiviral Society-USA.

FONTE: pharmastar.it

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I pazienti con HIV sono spesso affetti da dolore cronico

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I pazienti malati di AIDS sperimentano spesso dolore cronico nonostante la terapia alla quale si sottopongono per tenere sotto controllo l’infezione da HIV: lo sostiene uno studio pubblicato sulla rivista Pain Medicine.

Gli autori dello studio hanno analizzato i dati relativi a 238 pazienti con HIV, in terapia per la patologia e ne hanno valutato l’eventuale abuso di sostanze, la presenza di dolore cronico e l’uso di antidepressivi.

Dall’analisi dei dati è emerso che 107 pazienti non soffrivano di dolore, 107 ne soffrivano e 24 hanno denunciato un dolore cronico lieve.

I pazienti con dolore cronico sono stati quelli più a rischio di assunzione anche di antidepressivi, come pure sono risultati più propensi ad assumere farmaci per la terapia del dolore, in particolare oppioidi, per mantenere una buona qualità di vita.

La presenza di dolore cronico, invece, non si è correlata in alcun modo con l’abuso di sostanze.

FONTE: sanihelp.it

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Usa, falsa ricerca su HIV, 5 anni di carcere

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Notizia da Poloinformativo HIV AIDS

57 mesi di carcere, 7 milioni e 200 mila dollari di multa, tre anni di sorveglianza speciale quando uscirá dalla prigione: questo accade negli Stati Uniti, a falsificare i dati di uno studio scientifico.

Questa è la pena che dovrá scontare Dong-Pyou Han, un biologo che ha confessato di aver alterato volontariamente i dati di una ricerca su un vaccino contro l’Aids, spacciandoli per veri.

Il prof. Han era un ricercatore dello Stato dell’Iowa, i suoi esperimenti erano finanziati dal National Institutes of Health (NIH) americano, l’equivalente del nostro Istituto Superiore di Sanità.

Fu scoperto due anni fa, immediatamente costretto alle dimissioni dal suo laboratorio: aveva fatto apparire una falsa immunizzazione al virus dell’Hiv un un coniglio con sangue umanizzato.

Nessuna sperimentazione su esseri umani, nessun danno diretto: ma negli Stati uniti, per una frode scientifica, si finisce in carcere e ci si resta per quasi 5 anno. E si pagano milioni di dollari di multa.

FONTE: rainews.it

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Cuba primo Paese al mondo senza la trasmissione Hiv madre-figlio

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La certificazione dell’Oms sull’eliminazione della trasmissione materno-infantile del virus hiv e della sifilide. “È uno dei più grandi traguardi di salute pubblica che si possano ottenere”.

La firma in calce è più che autorevole, visto che si tratta dell’ufficio americano dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità): Cuba è la prima nazione al mondo a ricevere la validazione dell’eliminazione della trasmissione materno-infantile dell’Hiv e della sifilide. Una procedura che era iniziata nel 2010. “Eliminare la trasmissione di un virus è uno dei più grandi traguardi di salute pubblica che si possano ottenere”, afferma Margaret Chan, direttore generale dell’Oms. “Questa – ha aggiunto – è una grande vittoria nella nostra lotta contro l’Hiv, e un passo importante verso una generazione Aids-free”.

Ogni anno nel mondo, afferma l’Oms, 1,4 milioni di donne sieropositive hanno un bambino e senza trattamento il rischio di trasmissione del virus Hiv durante gravidanza, travaglio, parto o allattamento è compreso fra il 15% e il 45%, ma scende all’1% con i farmaci. Nel 2013 sono nati 240mila bambini con il virus Hiv, metà rispetto ai 400mila del 2009 ma ancora lontani dai 40mila che erano l’obiettivo per il 2015. “Quasi un milione di donne in gravidanza – scrive l’Oms – sono infettate ogni anno dalla sifilide. Questo può portare a perdita del bambino e serie infezioni neonatali, nonostante l’infezione possa essere eliminata con trattamenti semplici come la penicillina”.

FONTE: Repubblica.it

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