ASA vince il Gilead Community Award per il progetto ASAMobile

postato in: AIDS | 0

IL GILEAD COMMUNITY AWARD PREMIA PROGETTI INDIPENDENTI NELLE SEGUENTI AREE: HIV, EPATITI VIRALI, PATOLOGIE ONCOEMATOLOGICHE, FIBROSI CISTICA E SCAMBI INTERCULTURALI.

ASA Onlus quest’anno ha presentato il progetto ASAMOBILE – Il servizio di accompagnamento per le persone sieropositive, vincendo un finanziamento per la continuazione dell’attività sul territorio milanese.

 

PROGETTO ASAMOBILE

IL PREMIO

Mayumi Giovanna Ruggieri (Responsabile del progetto)
Titolo: ASAmobile

Area di interesse: Importanza dell’aderenza al trattamento e al monitoraggio
Ente: Associazione Solidarietà AIDS – A.S.A. Onlus
Motivazione: Un progetto dall’impostazione semplice, molto tradizionale nel formato e quindi poco innovativo, ma pratico e concreto. Il budget è chiaro e concreto e ugualmente chiari e concreti sono gli outcomes previsti dal progetto, anche se di tipo puramente assistenziale. Il fatto che il proponente abbia già avviato parte delle attività, anche grazie ad altri finanziamenti e che sopratutto il finanziamento Gilead permetterà ai pazienti di non versare più il piccolo contributo per il servizio di trasporto automobilistico, sono sicuramente fattori che hanno giocato per una valutazione positiva della proposta ASA

Prevenzione della trasmissione materno-fetale

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

Notizia da Poloinformativo HIV AIDS

Prevenzione della trasmissione materno-fetaleUn regime antiretrovirale combinato contenente l’inibitore dell’integrasi raltegravir (Isentress) si è mostrato sicuro ed efficace, e può rappresentare una valida opzione terapeutica per le donne HIV-positive in stato di gravidanza – e potenzialmente anche per i nascituri – per impedire la prevenzione della  trasmissione perinatale del virus: sono i risultati di uno studio presentato la scorsa settimana a IAS 2015.

 

 

Le attuali linee guida europee e statunitensi raccomandano in linea generale che le donne in gravidanza assumano la stessa terapia antiretrovirale combinata (ART) somministrata agli altri adulti HIV-positivi. Le linee guida degli Stati Uniti, tuttavia, considerano il raltegravir un’opzione ‘alternativa’ perché non ci sono ancora dati sufficienti circa la sua assunzione durante la gravidanza. Però è un farmaco estremamente rapido nell’abbattimento della carica virale, e per questo può essere particolarmente utile impiegarlo quando per esempio una donna si presenta alle cure in gravidanza già avanzata, senza aver ricevuto cure prenatali, e ha urgente bisogno di abbassare rapidamente la carica virale prima del parto; oppure anche per donne che subiscono un fallimento terapeutico durante la gravidanza o che hanno un virus farmacoresistente.

Uno studio condotto in Thailandia, anch’esso presentato a IAS 2015, ha mostrato che un’intensificazione della terapia antiretrovirale – con una profilassi a base nevirapina oltre alla triplice terapia standard per la madre, e ulteriori quattro settimane di profilassi antiretrovirale anziché una per il bambino – era utile nella prevenzione della trasmissione del virus in caso la madre si fosse presentata tardivamente alle cure o avesse assunto la ART per meno di otto settimane prima del parto.

L’articolo Prevenzione della trasmissione materno-fetale è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Tutti gli articolidi di poloinformativo

Canale informativo Poloinformativo HIV AIDS – per saperne di più su hiv e aids

Studi dimostrativi sulla PrEP

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

 

Studi dimostrativi sulla PrEPOltre a essere ricordata come la Conferenza del ‘90-90-90’, IAS 2015 resterà nella memoria anche come la Conferenza dove la profilassi pre-esposizione (PrEP) è passata dalla sperimentazione puramente clinica all’impiego nel mondo reale.

Dopo che sono stati presentati gli studi sui regimi programmaticamente intermittenti (come riferito la settimana scorsa), a IAS 2015 è stato anche dedicato spazio ai risultati di studi dimostrativi (demonstration studies) disegnati per valutare l’efficacia della PrEP nel ‘mondo reale’, al di fuori delle sperimentazioni cliniche.

Oggetto di questi studi è stato l’impiego della PrEP in regimi a base di tenofovir e emtricitabina ad assunzione giornaliera, in svariati contesti degli Stati Uniti. Dai risultati è emerso che chi assume la PrEP con maggiore regolarità sono proprio coloro maggiormente esposti al rischio di trasmissione.

L’US Demo project, un progetto dimostrativo statunitense, ha indagato l’assunzione della PrEP in uomini gay e bisessuali e donne transgender nelle città di San Francisco, Miami e Washington, riscontrando nel corso di un anno di follow-up un’aderenza dell’85%. I livelli di aderenza più elevati si sono registrati tra quei partecipanti che dichiaravano di aver avuto rapporti non protetti con due o più partner nei tre mesi precedenti. L’aderenza è risultata notevolmente inferiore tra i partecipanti di Miami: se a San Francisco è arrivata al 90% e a Washington all’88%, a Miami si è fermata al 65%. Il gruppo di Miami era composto da partecipanti generalmente più giovani, spesso di colore e con livelli leggermente meno elevati di comportamenti a rischio HIV. È stata inoltre rilevata una forte associazione tra aderenza e appartenenza etnica: ben il 97% dei partecipanti bianchi presentavano livelli ematici di tenofovir che dimostravano l’assunzione di quattro o più dosi la settimana, contro il 77% dei partecipanti ispanici e solo il 57% di quelli di etnia nera.

Lo studio ATN 110 dell’Adolescent Trials Network ha invece arruolato 200 giovani maschi gay e bisessuali in 12 città statunitensi. Anche in questo caso sono state rilevate oscillazioni nell’aderenza alla PrEP in base all’appartenenza etnica, con livelli più bassi riscontrati nei partecipanti di etnia nera. Quattro persone hanno contratto l’HIV nel corso dello studio, all’8°, 32°, 40° e 48° settimana – il che equivale a un tasso di incidenza annuale del 3,29% all’anno tra i partecipanti. Tutti e quattro avevano assunto la PrEP in qualche momento dello studio, ma nessuno presentava livelli rilevabili di tenofovir nel sangue durante la visita in cui è stata loro diagnosticata l’infezione da HIV.

“ATN 110 ha il merito di aver avvicinato alla PrEP dei giovani MSM che sarebbero eleggibili al trattamento”, ha commentato uno degli autori, la dott.ssa Sybil Hosek.

“Il tasso di incidenza dell’HIV è stato elevato in confronto a quello riscontrato in altri studi aperti, ma – dato l’alto numero di infezioni sessualmente trasmesse incidenti – probabilmente sarebbe stato ancora più elevato se non fosse stata assunta la PrEP.”

“Si tratta di giovani che raramente hanno un’assicurazione medica o si rivolgono ai servizi sanitari. Sono necessarie ulteriori ricerche sulle convinzioni relative alla salute dei partecipanti e sul loro livello di fiducia nella PrEP per capire come promuoverne l’uso.”

L’articolo Studi dimostrativi sulla PrEP è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Terapia come prevenzione HIV per i consumatori di stupefacenti per via iniettiva

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

 

Terapia come prevenzione HIV per i consumatori di stupefacenti per via iniettiva“A Vancouver si è parlato molto dei successi della Terapia come Prevenzione, ma bisogna mettere bene in chiaro che la TasP richiede l’integrazione di più approcci”, ha affermato il dott. Evan Wood dell’Università del British Columbia durante una presentazione in plenaria di IAS 2015, la scorsa settimana.

 

 

 

In British Columbia, le diagnosi di HIV tra i consumatori di sostanze stupefacenti per via iniettiva (IDU) sono crollate di oltre il 90% dal picco storico dell’epidemia nel 1996. Questo successo, ha spiegato Wood, è dovuto a una combinazione di interventi di responsabilizzazione della collettività, riduzione del danno, trattamento delle dipendenze e accesso universale a cure e trattamento dell’HIV. Ciò nonostante restano da superare ostacoli notevoli come la criminalizzazione e l’emarginazione di chi fa uso di droga.

“Il successo della TasP nei consumatori di stupefacenti di Vancouver è stato fenomenale”, ha commentato in un’altra sessione il professor Julio Montaner, collega di Wood. “Il motivo per cui si è rivelata così efficace è che c’è una sinergia tra distribuzione di siringhe sterili, somministrazione controllata nelle sale di iniezione, programmi sostitutivi con metadone e offerta della TasP.”

Nel 2006, solo il 30% degli IDU presi in carico assumevano la terapia antiretrovirale e avevano una carica virale non rilevabile: nel 2012, erano saliti al 71%.

Sono stati attuati notevoli sforzi per agganciare gli IDU ai servizi per l’HIV e la riduzione del danno, che sono sempre completamente gratuiti per chi ne ha bisogno.

Alla Conferenza si è parlato anche di un progetto di peer education in Ucraina che è riuscito a ridurre del 41% le infezioni da HIV negli IDU. Si tratta di uno studio con randomizzazione a grappolo che ha arruolato individui con rischio HIV particolarmente elevato (ogni anno, uno su tre contraeva il virus). Si ritiene che il successo dell’intervento sia da attribuirsi al fatto che aiutava queste persone a usufruire di più dei programmi di distribuzione di siringhe sterili.

Nello studio, degli IDU che avevano usufruito di questi programmi ed erano ormai in recupero hanno contattato e arruolato altri 1205 IDU HIV-negativi.

Il 50% di loro sono stati randomizzati, come gruppo di controllo, per ricevere l’intervento standard: un programma educativo e di counselling molto simile a quello tipicamente proposto dall’Istituto Nazionale per l’abuso di droghe degli Stati Uniti.

All’altro 50% è stato proposto, oltre al programma educativo e di counselling, anche l’intervento di peer-education, ossia venivano istruiti per reclutare e informare altri membri del loro gruppo di popolazione sulle pratiche di riduzione del danno. Il loro training era affidato a degli operatori di prossimità, era strutturato e prevedeva esercizi di role-playing. A tutti i ‘leader’ che avevano seguito questo training veniva chiesto di coinvolgere nel programma due loro conoscenti che facevano uso di droghe. Si tratta dunque di un intervento basato sui principi dell’apprendimento sociale, identità sociale, norme sociali e diffusione sociale.

Tetiana Deshko dell’International HIV/AIDS Alliance, sezione ucraina, ha dichiarato alla Conferenza che gli interventi di riduzione del danno attuati in alcune parti dell’Ucraina, grazie anche al supporto internazionale, sono riusciti a ridurre l’incidenza HIV tra gli IDU, ma che con l’attuale instabilità politica e l’influenza della Russia (in particolare nella regione di Donetsk) gli approcci per la tutela dei diritti umani e per la salute pubblica che erano stati introdotti sono di nuovo a rischio.
Link collegati

Articolo sulla presentazione del dott. Wood su aidsmap.com
Articolo sul progetto in Ucraina su aidsmap.com

L’articolo Terapia come prevenzione HIV per i consumatori di stupefacenti per via iniettiva è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Nuovi antiretrovirali

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

Notizia da Poloinformativo HIV AIDS

Sono in fase di sviluppo nuovi antiretrovirali che possono offrire vantaggi come una miglior tollerabilità e una riduzione degli effetti collaterali a lungo termine: è quanto emerge dai dati di alcuni studi presentati a IAS 2015.

Il tenofovir alafenamide (TAF) è una nuova formulazione del tenofovir in grado di raggiungere concentrazioni più elevate nelle cellule infettate dall’HIV e meno elevate nel plasma: l’esposizione al farmaco di reni, ossa e altri organi e tessuti è inoltre più limitata. Uno studio di fase 3, condotto su pazienti con esperienze pregresse di trattamento e con funzionalità renale nella norma, che hanno effettuato uno switch terapeutico alla nuova formulazione del tenofovir, ha evidenziato che chi era passato da un regime a base di Atripla o atazanavir/Truvada a uno a base di TAF (10mg), emtricitabina (200mg), elvitegravir (150mg) e cobicistat (150mg) otteneva una migliore risposta virologica, mentre chi veniva da un regime a base di Stribild mostrava una risposta pressappoco uguale. Chi passava al TAF aveva ripercussioni positive sui marcatori di funzionalità renale, mentre chi manteneva il regime con l’attuale formulazione del tenofovir (TDF) mostrava un peggioramento. La densità minerale ossea (bone mineral density, BMD) nella regione spinale aumentava in media dell’1,79% nel braccio del TAF e invece diminuiva, sempre in media, dello 0,28% in coloro che continuavano ad assumere il regime TDF.

Resoconto completo dello studio sul TAF su aidsmap.com

 

FONTE: aidsmap.com

L’articolo Nuovi antiretrovirali è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Tutti gli articolidi di Neptune

Canale informativo Poloinformativo HIV AIDS – per saperne di più su hiv e aids

Test HIV fai-da-te : efficacia e incertezze

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

 

Test HIV fai-da-te : efficacia e incertezzeL’HIV autotest può aiutare le persone ‘difficili da raggiungere’ a conoscere il loro status, ma restano incertezze sul modo migliore con cui metterlo a disposizione, a quale popolazione e con che tipo di supporto. Così, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha chiaramente segnalato l’entusiasmo per l’approccio, la sua nuova guida sul test HIV in realtà non lo consiglia.

 

La guida è stata lanciata in occasione dello IAS 2015 a Vancouver, la scorsa settimana, dove sono stati presentati anche alcuni studi sull’ auto-test.
L’OMS definisce i test autodiagnostici HIV come “un processo in cui un individuo che vuole conoscere il proprio stato, raccoglie un campione, esegue un test e interpreta il risultato per se, quasi sempre in privato”. Viene affermato che i risultati dell’ auto-test HIV possono essere precisi, purché vengano utilizzati kit per il test opportunamente regolamentati e le istruzioni del produttore vengano attentamente seguite. Ma un auto-test non può da solo fornire una diagnosi di HIV, che richiede comunque un test di conferma in una struttura sanitaria.

L’OMS ritiene che, dando alle persone la possibilità di testare in modo discreto e comodo l’HIV, si può aumentare la diffusione del test tra le persone non raggiunte da altri servizi, molte delle quali non lo hanno mai fatto. Descrive varie possibilità per la consegna e distribuzione dei kit auto-test:

Libero accesso : prodotto da banco in farmacia o nei generi alimentari, ordinato da siti web, o distribuito da distributori automatici.
Distribuzione semi-limitata da operatori sanitari di comunità
Distribuzione più restrittiva da operatori sanitari in ambito clinico.

Nel secondo e terzo approccio, un’ulteriore opzione è per un operatore sanitario che può essere presente o disponibile, mentre la persona effettua la prova. Questo potrebbe offrire supporto ed un collegamento con strutture di cura, se necessario. Tuttavia, la loro presenza potrebbe compromettere l’attrattiva dell’ auto-test per le persone preoccupate della riservatezza, mentre la distribuzione clinica è improbabile per raggiungere le persone riluttanti ad accedere a strutture sanitarie.
L’incertezza circa i pro e i contro dei diversi approcci con diversi gruppi di persone significa che l’Organizzazione Mondiale della Sanità non dà per il momento alcuna raccomandazione, ma che sta lavorando con vari collaboratori per generare le prove necessarie per formulare consigli e ulteriori indicazioni su questo argomento.

Un importante lacuna si riferisce all’ applicazione in Paesi a risorse limitate con gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (MSM), i sex workers, le persone che si iniettano droghe (IDU) e altre popolazioni vulnerabili. Nei luoghi in cui è presente forte stigma sociale , preoccupazioni sulla riservatezza e i servizi sanitari sono di difficile accesso, l’auto-test può avere particolari vantaggi per questi gruppi in termini di privacy e autonomia.
Peter MacPherson della Liverpool School of Tropical Medicine ha affermato di essere a conoscenza di 20 studi su auto-test tra la popolazione generale nei paesi africani, ma di questi solo sei tra le popolazioni vulnerabili. Ci sono anche pochi dati sugli adolescenti e gli anziani, nonostante il test HIV abbia una bassa diffusione in questi gruppi.

Harsha Thirumurthy della University of North Carolina ha descritto un progetto che prevedeva di fornire a donne keniote il kit di auto-test per sè incoraggiandole a distribuire kit aggiuntivi a persone che conoscevano. Presso le cliniche prenatali e dopo il parto, alle donne sono state dati due kit extra, che sono stati principalmente dati ai partner e alle amiche.
Il progetto è riuscito ad aiutare le coppie fornendo il test anche agli uomini, che sono generalmente difficili da raggiungere. Inoltre, la proporzione di risultati HIV-positivi è stata elevata: 5% tra le donne in gravidanza e 15% nei test offerti a sex workers che li hanno anche ditribuiti ai clienti.
Mentre gli auto-test possono essere usati da soli e in privato, alcune persone hanno scelto di provarli in presenza di un amico o del partner. Tre quarti dei kit di test distribuiti dalle donne keniote sono stati utilizzati mentre erano nella stanza in presenza di molte coppie, anche se ciò non era stato suggerito dai ricercatori.
E’ stato presentato anche il primo studio di auto-test nelle donne transgender. Una popolazione altamente emarginata (molte senza casa e venditrici del proprio corpo), dove quasi tutte le partecipanti hanno affermato che i test erano facili da usare. Due terzi lo preferirebbero al test classico ma il costo superiore ai $ 20 è proibitivo. Anche per un quarto delle donne transgender l’ auto-test è stato effettuato con qualcun altro presente. Sheri Lippman della University of California, ha detto che i dati qualitativi di questo progetto hanno evidenziato i difficili compromessi tra privacy e supporto. Sono state espresse preoccupazioni sulla riservatezza e la stigmatizzazione negli ambienti clinici, ma il sostegno sociale ed emotivo sono comunque importanti come il valore di avere un amico stretto presente durante il test.

L’unica popolazione vulnerabile per la quale esistono prove evidenti sull’ auto-test è quella degli uomini gay americani. David Katz della University of Washington ha presentato uno studio randomizzato su 230 uomini gay , metà ha ordinato i kit auto-test tramite la posta elettronica e l’altra metà ha avuto solo l’accesso ai servizi di test esistenti. Coloro che hanno accesso all’ auto-test lo hanno eseguito più frequentemente, il 76% almeno ogni tre mesi (come i ricercatori avevano consigliato), rispetto al 54% di quelli del gruppo di controllo. Non ci sono state differenze nel comportamento sessuale.
Il più grande studio sull’ auto-test finora

Finanziato da UNITAID, in collaborazione con PSI UNITAID HIV STAR PROJECT è in esecuzione il più grande studio mondiale di valutazione del test fai-da-te per HIV fino ad oggi. Diversi modelli di distribuzione self-test, sia per la popolazione generale che per le popolazioni chiave, saranno sperimentate in Malawi, Zambia e Zimbabwe. UNITAID HIV STAR PROJECT ha esperienza nel marketing sociale per preservativi, contraccettivi, zanzariere trattate con insetticida e altri prodotti per la salute. Un’attività di comunicazione e di distribuzione solide contribuiscono ad assicurare ampia accettazione e l’uso corretto dei prodotti.
Studi pilota genereranno informazioni su come distribuire i prodotti auto-test in modo efficace, etico ed efficiente, e risponderanno alle domande chiave su fattibilità, accettabilità e impatto dell’intervento. I risultati verranno utilizzati per sviluppare linee guida e per sostenere l’integrazione dell’ auto-test nelle politiche nazionali. Eliminando gli ostacoli normativi e mostrando la dimensione probabile del mercato per i test HIV fai-da-te, il progetto spera di incoraggiare i produttori a entrare nel mercato in modo da aumentare l’accesso al test HIV.

Fonte: Aidsmap

Traduzione a cura di Poloinformativohiv

References

World Health Organization Consolidated guidelines on HIV testing services, 2015.

MacPherson P Home-testing and initiation of ART in Africa. Eighth International AIDS Society Conference on HIV Pathogenesis, Treatment and Prevention (IAS 2015), Vancouver, Canada, presentation WESY0103, 2015.

You can download the slides of this presentation from the conference website.

A webcast of this presentation is available on the conference YouTube channel.

Thirumurthy H et al. Acceptability and feasibility of a novel approach to promote HIV testing in sexual and social networks using HIV self-tests. Eighth International AIDS Society Conference on HIV Pathogenesis, Treatment and Prevention (IAS 2015), Vancouver, Canada, abstract MOAC0302LB, 2015.

Lippman S et al. Home HIV testing among transgender women in San Francisco: a pilot feasibility and acceptability study. Eighth International AIDS Society Conference on HIV Pathogenesis, Treatment and Prevention (IAS 2015), Vancouver, Canada, abstract MOPDC0104, 2015.

You can download the slides of this presentation from the conference website.

Katz D et al. HIV self-testing increases HIV testing frequency among high-risk men who have sex with men: a randomized controlled trial. Eighth International AIDS Society Conference on HIV Pathogenesis, Treatment and Prevention (IAS 2015), Vancouver, Canada, abstract MOPDC0103, 2015.

You can download the slides of this presentation from the conference website.

Where available, you can view details of sessions, view abstracts, download presentation slides and find webcasts using the conference ‘Programme at a Glance’ tool.

You can also download a PDF of the abstract book from the conference website.

L’articolo Test HIV fai-da-te : efficacia e incertezze è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Nasce il consorzio globale contro l’Hiv pediatrico

postato in: AIDS | 0

I più grandi centri che nel mondo si occupano di Hiv pediatrico si sono uniti nel consorzio internazionale Epiical per trovare una cura definitiva e sostenibile dell’Aids. Ci sono la John Hopkins University, la University College of London, il Karolinska Institute, la StellenBosch University di Capetown, l’African center di Kwazulu in Sud Africa, solo per citarne alcune, e a ccordinarli sarà l’Ospedale Bambino Gesù.

Prevenzione HIV per i migranti in Europa

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

 

Prevenzione HIV per i migranti in EuropaFino a poco tempo fa si tendeva a dare per scontato che i migranti africani a cui veniva diagnosticato l’HIV nei paesi europei avessero contratto l’infezione prima di arrivare in Europa. Gran parte di queste persone proviene infatti da paesi ad altissima prevalenza HIV.

 

 

 

Se la trasmissione si verifica prevalentemente prima della migrazione, la priorità per i servizi sanitari europei sono i programmi di test e diagnosi. Se invece la trasmissione avviene in Europa, è opportuno che vengano attuati sforzi preventivi di più ampio respiro.

In Francia, i migranti che provengono dall’Africa sub-sahariana sono i più gravemente colpiti dall’HIV, rappresentando un quarto di tutte le persone HIV-positive del paese.

Tuttavia, uno studio presentato alla Conferenza sembra indicare che una porzione importante – tra un terzo e la metà – degli africani con un’infezione da HIV che vivono in Francia probabilmente hanno contratto il virus dopo aver lasciato l’Africa.

Per lo studio sono stati presi in considerazione 1031 migranti di origine africana che ricevevano cure per l’HIV in Francia, incrociando i dati sulle conte dei CD4 con le loro storie di vita per calcolare quando si era verificata la sieroconversione. Gli autori hanno concluso che un 35-49% di loro aveva contratto l’HIV dopo l’arrivo in Francia. Gli uomini, i giovani e coloro che vivevano in Francia da più tempo sono risultati i gruppi con probabilità più elevata di aver contratto l’infezione dopo la migrazione.

Sono dati simili a quelli riscontrati in uno studio condotto nel Regno Unito, in cui gli epidemiologi hanno calcolato che circa un terzo degli africani con diagnosi di HIV nel Regno Unito ha avuto la sieroconversione dopo essere immigrato.
Link collegati

Resoconto completo su aidsmap.com

L’articolo Prevenzione HIV per i migranti in Europa è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Doravirina efficace quanto l’efavirenz, con meno effetti collaterali

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

 

Il nuovo NNRTI doravirina ha dimostrato in uno studio la stessa efficacia dell’efavirenz nel sopprimere la replicazione virale dell’HIV. Inoltre, si sono verificati effetti collaterali farmaco-correlati solo nella metà dei partecipanti che hanno assunto la doravirina, e in questo gruppo ci sono state meno interruzioni premature del trattamento.

I farmaci della classe di antiretrovirali degli inibitori non-nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTI) sono generalmente efficaci e facili da assumere.

L’efavirenz (Sustiva o Stocrin, contenuto anche nel combinato Atripla) è molto diffuso, ma causa spesso effetti collaterali a carico del sistema nervoso centrale, come vertigini e attività onirica anomala. Di conseguenza, nelle linee guida sul trattamento vigenti negli Stati Uniti o in Europa non viene più raccomandato ai pazienti che intraprendono per la prima volta il trattamento.

Il dott. José Gatell dell’Università di Barcellona ha riferito alla Conferenza gli ultimi risultati di uno studio ancora in corso che mette a confronto doravirina ed efavirenz nei pazienti che iniziano il trattamento antiretrovirale. Complessivamente, i tassi di risposta al trattamento sono risultati simili nei due gruppi, ma i partecipanti che assumevano la doravirina avevano il 50% in meno di probabilità di interrompere il trattamento. La differenza è principalmente riconducibile al più alto tasso di abbandono dovuto agli effetti collaterali dell’efavirenz.

Resoconto completo su aidsmap.com

FONTE: aidsmap.com

L’articolo Doravirina efficace quanto l’efavirenz, con meno effetti collaterali è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Counselling HIV di coppia

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

 

Counselling HIV di coppiaIn Malawi, i servizi di counselling HIV e il test per le donne in stato di gravidanza coprono quasi il 100% della popolazione. Anche se viene incoraggiata l’adesione in coppia, è raro che il partner maschile si faccia avanti – e il risultato è un’opportunità mancata di fare una diagnosi di HIV.

Quando le coppie accedono ai servizi di counselling HIV e fanno il test insieme, ci sono vantaggi come la possibilità di prendere insieme decisioni informate sulla prevenzione della trasmissione HIV e la salute riproduttiva, o sostenersi a vicenda, o aiutarsi l’un l’altro ad aderire alle terapie. La non-adesione del partner maschile viene spesso citata come barriera all’accesso a cure e trattamento da parte delle donne, oltre che ai servizi di prevenzione della trasmissione materno-fetale.

Un’équipe di ricercatori ha condotto una sperimentazione a Lilongwe, in Malawi, per verificare se contattando attivamente i partner delle donne che fruivano di cure prenatali era possibile aumentare l’adesione ai servizi di counselling HIV e al test in coppia. Le strategie testate sono state due: l’invio di un invito al partner maschile e l’invio di un invito seguito da una telefonata o una visita a domicilio.

Entrambe hanno mostrato di aumentare l’adesione da parte degli uomini, e in particolare la seconda ha dato un forte impulso al ricorso a counselling HIV e test in coppia. Dei 126 uomini che si sono presentati, il 47% è risultato per la prima volta positivo al test (il 25% già sapeva di avere l’infezione). La dott.ssa Rosenberg, presentando lo studio, ha sottolineato che questa strategia può avere importanti risvolti positivi in termini di salute pubblica.
Link collegati

Resoconto completo su aidsmap.com

L’articolo Counselling HIV di coppia è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

1 11 12 13 14 15 16 17 20