ASSEMBLEA GENERALE – APPROVAZIONE BILANCI E ELEZIONE CONSIGLIO DIRETTIVO

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CARO SOCIO / AMICO, 

Come ogni anno ti inviamo l’invito per l’Assemblea Generale, nel corso della quale saranno esposte tutte le attività del 2014 e verranno presentati i bilanci, consuntivo 2014 e preventivo 2015.
Quest’anno l’Assemblea si terrà il giorno 13 luglio 2015 e avrà una straordinaria importanza per il rinnovo del Consiglio Direttivo ( qui sotto la convocazione ufficiale)
Dopo 3 anni il Consiglio Direttivo ha esaurito la sua funzione e sarà indetta una nuova elezione tra i soci che si candideranno.

Come sapete, il 2015 è l’anno del trentennale e Asa sta mettendo in campo molte iniziative per la celebrazioni.
Il Consiglio Direttivo avrebbe piacere che ci fosse una forte partecipazione in modo da poter eleggere un Consiglio che sia sostenuto dal maggior numero di preferenze per affrontare al meglio il nuovo corso.

La partecipazione all’ Assemblea ti da diritto a eleggere il tuo rappresentante all’ interno del consiglio.

Ogni socio/a, inoltre, ha diritto a presentare la propria candidatura come Presidente, Vice presidente e Consigliere.

Se non sei ancora socio e vuoi partecipare all’ Assemblea per votare e/o per candidarti , potrai associarti anche lo stesso giorno dell’incontro e iscriverti successivamente nella lista dei candidati.

E’ possibile candidarsi inviando una mail a questo indirizzo, telefonando allo 02 58107084, presentandosi in sede dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 18 oppure iscrivendosi nella lista dei candidati il giorno stesso della convocazione, Lunedì 13 Luglio.

Nel caso in cui non potessi intervenire, avresti il diritto di delegare un/una socio/a.
Nel caso in cui avessi difficoltà ad incontrare il/la socio/a delegato/a,  potresti compilare,fotografare con il tuo telefono e inviare il modulo all’indirizzo : ufficiostampa@asamilano.org.

I voti per l’approvazione dei bilanci saranno espressi per alzata di mano, mentre i voti per l’elezione dei rappresentanti nel Consiglio Direttivo saranno espressi per votazione a scrutinio segreto.

Nel ringraziare, ti chiediamo la cortesia di comunicare la tua partecipazione in modo da poter organizzare al meglio lo spazio adibito ad accogliere l’Assemblea.
Cordiali saluti.

La segreteria ASA

scarica la convocazione ufficiale con la delega

assemblea-Generale-13-luglio-2015.pdf

No all’espulsione del cittadino extracomunitario affetto da HIV

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No all’espulsione del cittadino extracomunitario affetto da HIV
Michele Didonna – Avvocato amministrativista del foro di Bari

È illegittimo il diniego opposto avverso un’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, nel caso in cui il richiedente risulti sottoposto a un trattamento sanitario indifferibile e urgente somministrato da un’Azienda ospedaliera italiana in ragione della grave patologia da cui lo stesso risulta affetto.

 

La Sez. III del T.A.R. Palermo, con la sentenza 28 maggio 2015, n. 1252, ha chiarito come l’Amministrazione competente non possa rigettare un’istanza di rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari nel caso in cui il richiedente gravemente malato abbia la necessità di avvalersi di cure mediche urgenti o comunque essenziali. Di talché, ha ritenuto illegittimo il diniego opposto dalla P.A. alla richiesta di rilascio di permesso di soggiorno presentata da un cittadino extracomunitario affetto da HIV e sottoposto a un trattamento sanitario indifferibile e non suscettibile di interruzione.

Fonte: quotidianogiuridico.it

 

 

 

U.E. – Droga in Europa. Relazione 2015 dell’EMCDDA

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U.E. - Droga in Europa. Relazione 2015 dell’EMCDDA

 Di seguito la prefazione della relazione:Siamo orgogliosi di presentare la 20a analisi annuale sulla situazione della droga in Europa, costituita dalla relazione europea sulla droga (EDR) 2015.
Quest’anno, la relazione “Tendenze e sviluppi” contiene una panoramica esaustiva del problema della tossicodipendenza in Europa e delle misure adottate per contrastarlo ed è al centro della serie di prodotti interconnessi comprendente il pacchetto EDR.

Basata su dati europei e nazionali, presenta indicazioni di alto livello su tendenze, risposte e politiche chiave, oltre ad analisi approfondite di temi d’attualità. Il pacchetto include analisi completamente nuove sugli interventi psicosociali, le strutture per il consumo di droghe, l’abuso di benzodiazepine e le rotte del traffico di eroina.

Tuttavia, il pacchetto informativo multimediale integrato che costituisce oggi l’EDR, appare in contrasto con la relazione annuale dell’EMCDDA sulla situazione della droga, pubblicata nel 1996. Vent’anni fa, l’istituzione di sistemi di sorveglianza armonizzati tra i quindici Stati membri dell’UE dev’essere parsa una sfida sconcertante per l’EMCDDA. Pertanto, il fatto che i primi meccanismi di monitoraggio istituiti nel 1995 siano attualmente divenuti un sistema europeo che comprende 30 paesi, riconosciuto a livello globale, rappresenta un risultato impressionante.
Oltre a ritenere che l’EMCDDA abbia offerto un prezioso contributo ai progressi compiuti, riconosciamo anche che il nostro lavoro dipende dalla stretta collaborazione con i nostri partner. Fondamentalmente, l’analisi europea qui presentata è possibile perché gli Stati membri hanno investito nello sviluppo di solidi sistemi nazionali d’informazione sulle droghe.

La presente relazione si basa su dati raccolti dalla rete Reitox dei Punti Focali azionali, che collabora strettamente con esperti nazionali. L’analisi si avvale inoltre della collaborazione costante dei nostri partner europei: la Commissione europea, l’Europol, l’Agenzia europea per i medicinali e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Desideriamo inoltre riconoscere il contributo di numerosi gruppi di ricerca e iniziative europei, senza i quali la nostra relazione sarebbe stata di gran lunga meno ricca.
Negli ultimi 20 anni la nostra Relazione è cambiata al punto da divenire irriconoscibile, ma sono mutate anche la portata e la natura del problema europeo della droga. Quando l’agenzia è stata istituita, l’Europa si trovava nel mezzo di una “epidemia” di eroina e l’esigenza di ridurre la trasmissione dell’HIV e dei decessi causati dall’AIDS erano i principali fattori trainanti della politica in materia di droga. Oggi, sia il consumo di eroina sia i problemi legati all’HIV rimangono d’importanza centrale per la nostra attività di segnalazione, ma si inseriscono in un contesto più ottimistico in termini di sviluppi e, più informato in termini di risposte efficaci della sanità pubblica. Tuttavia, il problema ora è molto più complesso, come dimostra il fatto che molte delle sostanze trattate nella presente relazione fossero praticamente sconosciute in Europa quando l’agenzia è stata istituita.

Oggi, i mercati europei delle droghe continuano a cambiare e ad evolversi rapidamente: nel 2014, ad esempio, sono state individuate più di cento nuove sostanze psicoattive e sono state condotte valutazioni dei rischi su sei nuove droghe — entrambe queste cifre rappresentano dei record. Per mantenere il passo con questi cambiamenti e garantire che l’analisi svolta sia informata sui nuovi sviluppi, l’EMCDDA continua a collaborare strettamente con ricercatori e professionisti del settore. In qualità di agenzia, abbiamo sempre riconosciuto l’importanza di fornire informazioni valide, tempestive e pertinenti alle nostre politiche. Confermiamo l’impegno di perseguire quest’obiettivo e di garantire che, indipendentemente dal tipo di problema da affrontare in materia di droghe, le risposte dell’Europa saranno sostenute da un sistema d’informazione sempre produttivo, pertinente e adeguato allo scopo.

João Goulão
Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’EMCDDA

Wolfgang Götz
Direttore dell’EMCDDA

Qui la relazione completa in lingua italiana

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“La relazione annuale dell’Agenzia europea sulle droghe conferma, per l’ennesima volta, che la proibizione legale non rappresenta un freno, ma un potentissimo incentivo alla diffusione delle droghe proibite. Il dato è particolarmente macroscopico nella sua irrazionalità se riferito alle sostanze più diffuse e meno pericolose, cioè i derivati della cannabis, che assorbono la gran parte delle risorse destinate all’attività repressiva (80% dei sequestri e 60% dei reati contestati)”. Lo dichiara il sottosegretario agli Esteri, promotore dell’intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis, Benedetto Della Vedova. “Oggi la proibizione assicura enormi e crescenti profitti alle narco-mafie e istituisce una sorta di monopolio criminale su un mercato di massa. È evidente che l’esempio dei numerosi stati americani, a partire dal Colorado, che hanno regolamentato legalmente il mercato della marijuana rappresenta oggi una concreta alternativa al fallimento dell’opzione repressiva. In Italia – prosegue il sottosegretario – a prenderne atto nell’ultima relazione annuale è stata la stessa Direzione nazionale antimafia”. “L’intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis, che si è costituito nel marzo scorso e oggi raggruppa oltre 120 tra deputati e senatori, entro un mese presenterà la propria proposta sul tema, integrando i contenuti dei numerosi disegni di legge già depositati in questa legislatura. I dati dell’Agenzia europea – conclude Della Vedova – costituiscono un ulteriore motivo di sprone per la nostra iniziativa”.

Fonte: droghe.aduc.it

 

La faccia dell’ HIV/AIDS: ieri e oggi

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La faccia dell' HIV/AIDS: ieri e oggiTyler Curry (Giornalista di HIV EQUAL ), ha creato un cortometraggio sulla differenza tra l’HIV di oggi e l’AIDS di ieri.
Ieri : “..la mia faccia non sarebbe più stata la mia faccia, ma il simbolo stesso della malattia..”

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi : ” …questa non è la mia faccia perchè sono nato nel 1983 e posso lavare via tutto, vivere la mia vita‬ perchè sono uno dei fortunati…”

 

Questo video è  dedicato da HIV Equal ai long-term survivors e a coloro che abbiamo perso nella lotta.
La consapevolezza mostrata da  Tyler ci ha fatto guardare indietro e ricordare tutti coloro che hanno combattuto duramente e hanno perso di fronte ad un virus tanto letale. La sua visione riporta per un attimo ad immagini che abbiamo già visto , alcuni dal vivo, altri solo nella finzione cinematografica , come la faccia di Tom Hanks in Philadelphia.

Ma questo video lascia fondamentalmente un senso di gratitudine per com’è la nostra vita ora finalmente proiettata verso il futuro . Un promemoria da riempire ogni giorno con gratitudine per le cure oggi disponibili e per la capacità di vivere una vita fino in fondo, quando tanti altri prima non hanno potuto farlo.

Ed è anche un modo per combattere lo stigma che ancora pervade la società
Solo una parola: ‪#‎live‬

 

HIV: un farmaco sperimentale per farlo morire di fame

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HIV: un farmaco sperimentale per farlo morire di fameScienziati americani hanno sperimentato in vitro un farmaco sperimentale che letteralmente affamerebbe a morte il virus dell’HIV. Una scoperta che potrebbe eliminare il problema delle mutazioni , che il virus sviluppa per difendersi dagli attacchi dei farmaci, perché interessa un meccanismo biochimico fisso.

 

L’Hiv si può far “morire di fame”
Articolo di Gianluca Casponi per galileonet

Il virus dell’Hiv potrebbe essere fermato “tagliandogli i viveri”. L’agente patogeno che causa l’Aids quando infetta una persona si insedia all’interno dei linfociti T Cd4, un sottogruppo di globuli bianchi. Al loro interno il virus avvia il proprio processo replicativo, richiamando una grande quantità di glucosio e altri nutrienti per fornire alla cellula l’energia necessaria a costruire le copie del virus. Proprio questa voracità potrebbe rappresentare un punto debole dell’agente patogeno, che i ricercatori potrebbero sfruttare per mettere a punto una terapia valida.

Il virus dell’Hiv è molto difficile da combattere in conseguenza della sua spiccata capacità di mutare sfuggendo a molte delle terapie sperimentate finora. Il nuovo approccio arriva ora dalla Northwestern e dalla Vanderbilt University, entrambe statunitensi, come raccontano su Plos Pathogens. Gli scienziati hanno scoperto che è possibile intervenire nel percorso biochimico che si attiva all’interno dei linfociti, disattivando l’aumento di richiesta di nutrienti da parte dei linfociti. Il virus, sostanzialmente, viene ucciso lasciandolo morire di fame. Questa forma terapeutica potrebbe rivelarsi decisiva perché interessa un meccanismo biochimico fisso, che rimane uguale a se stesso, qualunque sia il ceppo di Hiv che si vuole combattere.

I ricercatori americani hanno capito che il primo passo che avvia l’entrata dei nutrienti all’interno delle cellula, comporta l’attivazione di una sostanza nota come fosfolipasi D1 (PlD1) che è coinvolta nei meccanismi di trasporto transmembrana dei linfociti. Secondo quanto affermato dagli autori dello studio, si tratta del primo tentativo in assoluto di questo tipo.

I test, che per il momento sono stati condotti con successo in vitro, hanno utilizzato un farmaco sperimentale che inceppa il meccanismo d’azione di PlD1. “La sostanza che abbiamo messo alla prova – spiega Harry Taylor, docente presso la facoltà di medicina della Northwester e componente del team di ricercatori – potrebbe entrare a far parte di un nuovo cocktail di farmaci che migliorino l’efficacia dei trattamenti che abbiamo oggi a disposizione. Bloccare la replicazione del virus costituirebbe una vittoria essenziale, dal momento che gli altri aspetti della biologia dell’Hiv vanno incontro a continui mutamenti, schivando gli attacchi dei farmaci”.

Riferimenti: Plos Biology DOI: 10.1371/journal.ppat.1004864

Fonte:Galileonet

 

Carcere: strutture fatiscenti e assistenza sanitaria di pessima qualità

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Strutture fatiscenti e assistenza sanitaria di pessima qualitàE’ allarme salute per i detenuti negli istituti penitenziari italiani: 2 su 3 sono malati, nel 48% dei casi per malattie infettive, il 32% ha disturbi psichiatrici. L’epatite colpisce 1 detenuto malato su 3, mentre sono in riduzione i sieropositivi per Hiv.

E’ la fotografia scattata dagli esperti Società italiana di Medicina e sanità penitenziaria (SIMSPe) per la tutela delle condizioni di salute dei detenuti italiani per il congresso nazionale che si aprirà mercoledì a Cagliari. Sono 199 gli istituti penitenziari aperti, con una capienza totale di 49.493, nonostante i detenuti presenti siano 53.498, per un sovraffollamento di 4.628, che equivale ad un +8,1%. I detenuti stranieri rappresentano il 32,6% del totale, pari a 17.430, mentre le donne sono 2.309, ossia il 4,3%.

 

Secondo l’indagine, che sarà presentata durante il congresso, almeno una patologia è presente nel 60-80% dei casi. Questo significa che almeno due persone su tre sono malate. Tra le malattie più frequenti, proprio quelle infettive, che interessano il 48% dei presenti. A seguire i disturbi psichiatrici (32%), le malattie osteoarticolari (17%), quelle cardiovascolari (16%), problemi metabolici (11%) e dermatologici (10%). Una situazione che, nonostante l’appello della SIMSPe si è fatta portavoce negli ultimi anni, non ha sortito l’effetto sperato. Gli ultimi dati sulle epatiti, infatti, hanno rilevato la presenza di un malato di questa patologia ogni tre persone residenti in carcere. Mentre sono in calo i sieropositivi per Hiv.

 

“Bisogna ricordare che il paziente detenuto di oggi, è il cittadino libero di domani – afferma Sergio Babudieri, presidente della SIMSPe – Tutte le informazioni di tipo scientifico ed epidemiologico, sia in Italia che all’estero, indicano sempre lo stesso punto, ossia che in carcere si concentrano persone che hanno comportamenti di vita che sono a rischio dell’acquisizione di una serie di malattie non solo infettive, ma anche di tipo metabolico, come ad esempio obesità, fumo, alcolismo; da ciò si evince evidentemente che il carcere è un ambito in cui la sanità pubblica può più facilmente intercettare persone che, una volta invece diluite nella popolazione generale, è più difficile incontrare, anche perché per il loro stile di vita spesso non hanno il bene salute nei primi posti della loro scala dei valori”.

 

La popolazione detenuta in Italia è cresciuta negli ultimi dieci anni dell’80% – ricordano i medici penitenziari – La maggior parte delle carceri ha dei tratti comuni: bagno e cucina nello stesso locale, cambio di lenzuola ogni 15 giorni, bagno alla turca o water separati gli uni dagli altri da un muretto alto appena un metro, strutture fatiscenti. Il personale è insufficiente, gli assistenti sociali sempre meno del necessario. L’assistenza sanitaria, come si può facilmente intuire da questo quadro, può risultare spesso di pessima qualità.

 

“Bisogna ricordare che il paziente detenuto di oggi, è il cittadino libero di domani – chiosa Babudieri – Tutte le informazioni di tipo scientifico ed epidemiologico, sia in Italia che all’estero, indicano sempre lo stesso punto, ossia che in carcere si concentrano persone che hanno comportamenti di vita che sono a rischio dell’acquisizione di una serie di malattie non solo infettive, ma anche di tipo metabolico, come ad esempio obesità, fumo, alcolismo; da ciò si evince evidentemente che il carcere è un ambito in cui la sanità pubblica può più facilmente intercettare persone che, una volta invece diluite nella popolazione generale, è più difficile incontrare, anche perché per il loro stile di vita spesso non hanno il bene salute nei primi posti della loro scala dei valori”.

 

Infine, secondo l’indagine della SIMSPe, che ha studiato i singoli casi dei detenuti che si sono sottoposti a test e controlli (circa il 56%), il tasso di trasmissione stimato dalle persone positive all’Hiv consapevoli si aggira tra l’1,7% e il 2,4%. Molto più alto, quasi 6 volte superiore, quello stimato dalle persone Hiv positive inconsapevoli, che raggiunge il 10%.

Fonte:  Focus.it (AdnKronos Salute)

 

Primo Piano – Vaccino Tat, potenziata l’efficacia della terapia antiretrovirale e stimolato il sistema immunitario

I risultati della seconda fase di sperimentazione del vaccino Tat pubblicati oggi su Retrovirology

ISS 29 aprile 2015

Il Vaccino Tat in associazione alla terapia farmacologica (HAART) è in grado di stimolare il sistema immunitario di un paziente con HIV aumentando l’efficacia degli antiretrovirali e di aumentare sensibilmente le cellule T CD4+, bersaglio del virus. È questo il risultato della seconda fase di sperimentazione del vaccino Tat, messo a punto dall’équipe guidata da Barbara Ensoli, Direttore del Centro Nazionale Aids dell’Istituto Superiore di Sanità, condotta su 168 pazienti, seguiti per tre anni consecutivi, in undici centri clinici italiani diffusi in tutta la penisola.

Ai pazienti con infezione da HIV è stato somministrato il vaccino alle dosi di 7.5 o 30 microgrammi di proteina Tat una volta al mese, per 3 o 5 mesi con l’obiettivo di indurre anticorpi diretti contro questa proteina, essenziale per la replicazione del virus. I risultati dello studio indicano che nei pazienti vaccinati, oltre ad essere stati prodotti gli anticorpi contro la proteina Tat, è stato osservato anche un significativo aumento di cellule T CD4+, indicativo della ripresa del sistema immunitario. Anche delle cellule T e B, e di altre cellule immunitarie, è stato osservato un incremento.
La risposta maggiore è stata riscontrata nei soggetti che hanno ricevuto tre somministrazioni del vaccino contenente 30 microgrammi della proteina Tat. Questi effetti persistono nei tre anni successivi all’immunizzazione.

Abbiamo dimostrato per la prima volta che la terapia antiretrovirale può essere intensificata attraverso un vaccino – ha detto Barbara Ensoli, che si attende di confermare questi risultati con il trial di fase II randomizzato e controllato con placebo recentemente completato in Sudafrica – Si tratta di risultati che aprono nuovi scenari per indagare più specificamente se questo vaccino può aiutare a controllare il virus in pazienti con bassa aderenza alla terapia antiretrovirale, consentire la semplificazione della terapia, ridurre la trasmissione della malattia.

In parallelo alla sperimentazione, è stato condotto uno studio osservazionale separato su un gruppo di 79 pazienti in trattamento con la sola terapia antiretrovirale. Tale gruppo ha rappresentato il riferimento per lo studio dei biomarcatori della malattia. È stato possibile così osservare che in coloro ai quali era stato somministrato anche il vaccino si è verificata una riduzione significativa del DNA provirale di HIV che funge da indicatore della forma latente del virus nei cosiddetti serbatoi del virus.

Si tratta di un risultato importante poiché, nonostante i farmaci blocchino quasi completamente la replicazione virale, il virus può ancora replicare a bassi livelli ed accumularsi in forma latente nei serbatoi non suscettibili all’azione dell’HAART e può causare complicazioni e morte dovute a patologie diverse da quelle tipicamente associate all’AIDS.

Hiv: Italia all’avanguardia nella cura dei pazienti, premiati i giovani ricercatori

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Sono 11 i progetti finanziati dall’UE guidati da leadership italiana. Migliorano le cure nonostante manchi ancora un vaccino per l’Hiv. Rimane il problema del sommerso. In arrivo nuovi programmi per reperire fondi. È quanto emerso alla VII Conferenza italiana su Aids e retrovirus (Icar) in corso a Riccione.

Individuare percorsi di diagnosi e cura dell’infezione da Hiv che si basino sulle interazioni tra ricerca di base, ricerca diagnostico-clinica ed esigenze delle persone sieropositive.
È questo l’obiettivo della VII Conferenza italiana su Aids e retrovirus (Icar) in corso a Riccione che ha visto protagonisti i giovani ricercatori italiani e stranieri.E Letizia Marinaro dell’Università di Torino si è aggiudicata il Premio ICAR-CROI Awards 2015 per i giovani ricercatori italiani.

Il primato italiano. La ricerca italiana è all’altezza delle altre nazioni europee, ha ricordato Adriano Lazzarin, della Divisione di malattie infettive Irccs San Raffaele e Presidente Icar. E il principio alla base di questa affermazione è molto semplice: “i farmaci antiretrovirali sono disponibili per tutti. L’Italia è stata efficiente anche nell’ottenerli nella fase di sviluppo; si dovrebbe rendere più rapida la registrazione per averli a disposizione”.

Un vantaggio del sistema italiano è che ha fatto un piano di intervento ministeriale con una legge centrata sui professionisti di settore (centri e ambulatori di malattia infettiva, distribuzione farmaci negli ospedali) (L. 135/90). La retention in care è assolutamente più efficace in Italia che in tutti gli altri Paesi occidentali: quello italiano è un modello di intervento da esempio per gran parte del resto del mondo, che porta ad una viremia negativa dell’80% dei pazienti seguiti. Negli Usa, ad esempio, i molteplici passaggi necessari dal test alla cura fino al medico di medicina generale porta a risultati molto più modesti (50%).

Risorse economiche. Un passo in avanti ci sarà sul fronte del sostegno economico. Come annunciato da Stefano Vella, Direttore del Dipartimento del Farmaco dell’Iss “un nuovo modello di cooperazione tra gli stati membri con un progetto denominato EDCTP Plan permetterà a breve un nuovo slancio per il reperimento dei fondi, a garanzia della salute globale e della ricerca”.

Ci sono le cure, non un vaccino. Ad oggi, un vaccino per l’Hiv non esiste. È stata una chimera inseguita dai primi ricercatori più negli anni ’80, spiega Lazzarin “il problema principale è che un vaccino facile da costruire si ricava da un anticorpo che inattiva il virus e lo blocca; per l’Hivciò non può essere realizzabile, poiché gli anticorpi neutralizzanti, laddove esistano, non sono in grado di bloccare l’infezione una volta che è entrata nella cellule. Quindi il problema di non acquisire l’infezione si può risolvere cercando di far produrre anticorpi contro il virus, ma ad oggi nessun anticorpo da solo sembra in grado di neutralizzare l’infezione”.

Si possono dunque solamente potenziare le difese immunitarie contro il virus. Con la cosiddetta vaccinazione terapeutica e non preventiva che viene aperta una finestra sul rafforzamento delle risposte immunitarie attraverso le cellule che generano anticorpi: l’organismo sottoposto alla vaccinazione riuscirebbe così a potenziare la capacità di produrre anticorpi attraverso lo stimoli di cellule dendritiche. Le cellule dendritiche sono le prime colpite dall’infezione, che poi passano ai linfociti. Il risultato delle dimostrazioni effettuate finora non ha però mostrato il vaccino come un obiettivo facilmente perseguibile. In merito a quegli studi internazionali che prefigurano risultati rivoluzionari dunque si può essere ottimisti, ma con molta cautela.

Test e prevenzione. Resta il problema del “sommerso”, ovvero di coloro che ignorano di essere infetti. Oggi, il comportamento maggiormente a rischio per il sommerso sono i rapporti omosessuali tra giovani maschi; discorso a parte va fatto per gli immigrati, il cui discorso è complesso in quanto rappresentano il sommerso per eccellenza, mentre le diverse caratteristiche etniche e la provenienza geografica generano notevoli differenze per il rischio di infezione.
“Bisogna stimolare le persone, oltreché con la campagna di informazione/prevenzione, soprattutto all’esecuzione dei test – ha aggiunto Lazzarin – è necessario rivolgersi a singoli, in particolare ai giovani”. Spesso i metodi più semplici vengono ignorati: per chi ha raggiunto una certa età, il test dell’HIV può essere effettuato assieme a quello delle malattie più comuni. I più giovani, che sono anche i meno motivati, devono essere sollecitati e avere a disposizione strumenti semplici, come il moderno test salivale, in uso anche per l’epatite C.

 

FONTE: quotidianosanità.it

 

ICAR: le persone coinfette HIV/HCV a rischio vita

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coinfetteLe Associazioni chiedono audizione all’ AIFA.
“Abbiamo oggi un’ulteriore conferma dell’urgenza di curare coloro che hanno una doppia infezione da Hiv e Epatite C e chiediamo subito un tavolo con Aifa e le case farmaceutiche”: lo affermano i presidenti delle associazioni Lila, Nadir e Plus commentando i dati presentati alla Conferenza Italiana su AIDS e Retrovirus secondo cui 376 persone coinfette delle 8000 che in Italia hanno una grave coinfezione Hiv e Epatite C moriranno nei prossimi 5 anni se non trattati con i nuovi farmaci.

“Chiediamo subito all’Aifa l’attivazione di un tavolo con le associazioni dei pazienti e le case farmaceutiche per rivedere i criteri di inclusione delle persone con Hiv/Hcv ma anche per ragionare su possibili riduzioni dei costi della terapia a fronte alla grande necessità”: lo affermano i presidenti di Lila, Nadir e Plus, Massimo Oldrini, Filippo Schloesser, Sandro Mattioli a ICAR (Italian Conference on AIDS and Retroviruses) dopo la presentazione di Massimo Puoti, Direttore del reparto di malattie infettive all’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano, che ha quantificato le morti che avverranno nei prossimi cinque anni se l’Aifa continuerà a escludere i coinfetti Hiv/Hcv dall’accesso prioritario alle cure.

Nella lettura sul trattamento dell’Epatite C nelle persone con Hiv, Puoti ha affermato che sui 30mila coinfetti Hiv/Hcv, sono 8000 coloro che, nonostante la malattia di fegato moderata (fibrosi F2 Metavir) progrediranno verso la cirrosi e il cancro del fegato. Se queste persone verranno curate potranno essere risparmiate 376 morti e 500 gravi malattie del fegato. Secondo l’infettivologo del Niguarda ciò avverrà perché le persone con coinfezione, anche se hanno una fibrosi moderata ha una progressione verso la cirrosi molto più rapida delle persone mono infette con Epatite C.

Per informazioni e contatti:

LILA Onlus: Ludovica Jona, Ufficio stampa – l.jona@lila.it – 348 0183527 – www.lila.it
Nadir Onlus: redazione@nadironlus.org – www.nadironlus.org
Plus Onlus: www.plus-onlus.it

Fonte: Newsletter Nadir Onlus

 

Prevenzione dell’Hiv, dubbi sulla profilassi PrEP

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PrEP sì o no? Nel corso della VII Conferenza italiana su Aids e retrovirus (Icar), in corso a Riccione, ricercatori, istituzioni e rappresentanti delle associazioni si sono confrontati sulla terapia antiretrovirale per la prevenzione dell’Hiv. La PrEP (profilassi pre-esposizione) si basa sull’assunzione di una pillola, già sperimentata, in persone non sieropositive ad alto rischio, in America.

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