Droghe: In Italia rischio Aids per chi usa sostanze maggiore del 15% che in Europa

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

 

Droghe: In Italia rischio Aids per chi usa sostanze maggiore del 15% che in Europa

In Italia il 43% delle persone che assumono sostanze per via iniettiva arriva tardi alla diagnosi da Hiv contro il 29% della media europea, a causa dello scarso uso del test. Urgente un piano nazionale per la riduzione del danno e un cambio di approccio alla questione.

“In Italia il 43% delle persone che assumono sostanze per via iniettiva arriva tardi alla diagnosi da Hiv, una percentuale ben maggiore di quella europea che è del 29%”: lo denuncia, in occasione della giornata internazionale sulle droghe, il presidente della Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids (LILA) Massimo Oldrini. “La causa di questa situazione – spiega Oldrini – è da ricercarsi nell’assenza di offerta dei test nel 69,5% dei Sert italiani e nella completa assenza nel nostro paese di una politica di riduzione del danno”. “Questa situazione fa si che molte persone che consumano sostanze scoprono di avere l’Hiv solo quando il loro sistema immunitario è fortemente compromesso”, afferma Oldrini. “Insieme alla diagnosi di Hiv, viene quindi fatta quella di Aids, con gravi ripercussioni sia sulla salute degli individui sia sulla collettività”.

“L’offerta del test Hiv, la disponibilità di siringhe sterili e la terapia sostitutiva per i gruppi vulnerabili – come le persone che usano sostanze per via iniettiva – sono pratiche di riduzione del danno raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Salute e dall’Unaids che l’Italia sta ignorando completamente”, sottolinea il presidente della LILA. “In particolare la situazione è drammatica nelle carceri dove è vietato l’uso di siringhe e condom nonostante diversi studi abbiano affermato che vengono consumate droghe”.

“Valutiamo con favore la nuova apertura del Dipartimento per le Politiche Antidroga alle consultazioni delle organizzazioni della società civile – afferma Oldrini in riferimento al percorso avviato dalla struttura della Presidenza del Consiglio per la preparazione della prossima conferenza nazionale sulle dipendenze cui parteciperà la stessa LILA. A livello internazionale, in vista della prossima Assemblea Onu sulle droghe (Ungass 2016) la LILA auspica un cambio di scenario nell’approccio al tema, che comprenda la revisione delle convenzioni internazionali e la legalizzazione regolamentata delle sostanze, perché la criminalizazzione e l’illegalità nella quale sono costrette milioni di persone che usano droghe sono i miglior alleati dell’Hiv.

in occasione della Giornata internazionale sulle droghe (International Day Against Drug Abuse and Illicit Trafficking), indetta dall’Onu per il 26 giugno di ogni anno. In realtà, quello degli stupefacenti resta un problema serio nella nostra Penisola. In base ai dati diffusi pochi giorni fa dalla Polizia di Stato, nel 2014 sono stati registrati, rispetto all’anno precedente, incrementi nei sequestri di hashish (+211,29%), marijuana (+15,93%), eroina (+5,30%) e droghe sintetiche in dosi (+23,99%). Positiva, invece, la diminuzione di quelli di cocaina (-21,90%), droghe sintetiche in polvere (-56,32%), L.S.D. (-25,21%) e piante di cannabis (-86,41%).

Fonte: lila.it
west-info.eu

L’articolo Droghe: In Italia rischio Aids per chi usa sostanze maggiore del 15% che in Europa è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Tutti gli articolidi di admin

Canale informativo Poloinformativo HIV AIDS – per saperne di più su hiv e aids

S.T. Eye, il condom che diagnostica le malattie sessuali

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

 

S.T. Eye, il condom che diagnostica le malattie sessuali

Concepito da tre adolescenti per il concorso Teen Tech Award, si tratta di un’idea rivoluzionaria che può aumentare la consapevolezza verso le patologie sessualmente trasmissibili: il condom cambia colore e diventa viola per il papillomavirus, verde per la clamidia, blu per la sifilide, giallo per l’herpes.

Ritardanti, stuzzicanti, aromatizzati, luminescenti, ultra-sottili, extra-resistenti, stimolanti: oggigiorno esistono preservativi per tutti i gusti, per tutte le esigenze, probabilmente concepiti per aumentarne l’utilizzo e la consapevolezza della loro importanza. Alcuni studenti hanno in questi giorni vinto il prestigioso Teen Tech Award di Londra per aver avuto un’idea rivoluzionaria: il primo condom intelligente, strumento di diagnosi oltre che di protezione e di prevenzione, che cambia colore se chi lo indossa è affetto da malattie sessualmente trasmissibili. Si chiama S. T. Eye, ed è stato concepito da tre adolescenti britannici della Isaac Newton Academy di Illford.Questo speciale tipo di preservativo possiede al suo interno uno strato interno di lattice impregnato di molecole che, messe a contatto con le principali malattie sessualmente trasmissibili, si attaccano batteri e virus inducendo una modifica del colore dell’oggetto: viola per il papillomavirus, verde per la clamidia, blu per la sifilide, giallo per l’herpes. Grazie a questa invenzione i ragazzi hanno conquistato il prestigioso Teen Tech Award, premio concepito per promuovere scienza e ingegneria nelle scuole che richiede ai suoi partecipanti di inventare una tecnologia che possa rendere il mondo migliore, o più semplice e comodo: la loro è stata dichiarata la miglior innovazione nel campo della salute, ed è valsa ai vincitori un premio di mille sterline e la possibilità di visitare Buckingham Palace.D’altronde, si tratta di uno strumento molto utile, visto che la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili è purtroppo in crescita tra i giovani, che si espongono sempre più a comportamenti a rischio in quanto possiedono una percezione del pericolo piuttosto bassa: forse colpa, se così si può dire, della diminuzione della mortalità associata ad HIV e AIDS, un tempo autentico flagello e oggigiorno percepite come malattie non guaribili ma gestibili. D’altronde, le malattie sessualmente trasmissibili rappresentano un rischio da non sottovalutare per la salute di chi le contrae: per esempio la clamidia, patologia legata ad un batterio gram negativo, risulta spesso asintomatica nelle prime fasi fino a svilupparsi e diventare malattia pelvica infiammatoria, che pone il soggetto a rischio infertilità; o il papillomavirus, che in alcuni casi può provocare tumore del collo dell’utero, grave neoplasia che porta al decesso di circa il 50% delle donne che ne è affetto.

Per questo l’invenzione dei tre ragazzi inglesi, sebbene al momento rappresenti solamente un’idea, può risultare rivoluzionaria e salvare la vita di molte persone: sapere di essere affetti da una di queste patologie significa aumentare la consapevolezza a riguardo, curarsi tempestivamente e guarire prima che possano affacciarsi possibili complicazioni. Tra le altre trovate dei geniali adolescenti che hanno partecipato al concorso, di età compresa tra gli 11 e i 16 anni, si possono citare un fermacapelli collegato tramite connessione wifi che cambia colore in base ai vestiti di chi lo indossa, per aver sempre gadget abbinati; o un oggetto da infilare al polso per controllare il battito, sempre connesso al telefono cellulare, che possa subito chiamare numeri d’emergenza in caso di crisi. Questi giovani sembrano proprio avere il futuro nelle loro mani.

FONTE : Teen Tech Award, Isaac Newton Academy © 2015 sanihelp.it. All rights reserved.

Canale informativo: ilgiornale.it

L’articolo S.T. Eye, il condom che diagnostica le malattie sessuali è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Tutti gli articolidi di admin

Canale informativo Poloinformativo HIV AIDS – per saperne di più su hiv e aids

No all’espulsione del cittadino extracomunitario affetto da HIV

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

Notizia da Poloinformativo HIV AIDS

No all’espulsione del cittadino extracomunitario affetto da HIV
Michele Didonna – Avvocato amministrativista del foro di Bari

È illegittimo il diniego opposto avverso un’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, nel caso in cui il richiedente risulti sottoposto a un trattamento sanitario indifferibile e urgente somministrato da un’Azienda ospedaliera italiana in ragione della grave patologia da cui lo stesso risulta affetto.

 

La Sez. III del T.A.R. Palermo, con la sentenza 28 maggio 2015, n. 1252, ha chiarito come l’Amministrazione competente non possa rigettare un’istanza di rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari nel caso in cui il richiedente gravemente malato abbia la necessità di avvalersi di cure mediche urgenti o comunque essenziali. Di talché, ha ritenuto illegittimo il diniego opposto dalla P.A. alla richiesta di rilascio di permesso di soggiorno presentata da un cittadino extracomunitario affetto da HIV e sottoposto a un trattamento sanitario indifferibile e non suscettibile di interruzione.

Fonte: quotidianogiuridico.it

 

 

 

ICAR: le persone coinfette HIV/HCV a rischio vita

postato in: AIDS, EPATITE C, HCV, HIV | 0

Notizia da Poloinformativo HIV AIDS

coinfetteLe Associazioni chiedono audizione all’ AIFA.
“Abbiamo oggi un’ulteriore conferma dell’urgenza di curare coloro che hanno una doppia infezione da Hiv e Epatite C e chiediamo subito un tavolo con Aifa e le case farmaceutiche”: lo affermano i presidenti delle associazioni Lila, Nadir e Plus commentando i dati presentati alla Conferenza Italiana su AIDS e Retrovirus secondo cui 376 persone coinfette delle 8000 che in Italia hanno una grave coinfezione Hiv e Epatite C moriranno nei prossimi 5 anni se non trattati con i nuovi farmaci.

“Chiediamo subito all’Aifa l’attivazione di un tavolo con le associazioni dei pazienti e le case farmaceutiche per rivedere i criteri di inclusione delle persone con Hiv/Hcv ma anche per ragionare su possibili riduzioni dei costi della terapia a fronte alla grande necessità”: lo affermano i presidenti di Lila, Nadir e Plus, Massimo Oldrini, Filippo Schloesser, Sandro Mattioli a ICAR (Italian Conference on AIDS and Retroviruses) dopo la presentazione di Massimo Puoti, Direttore del reparto di malattie infettive all’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano, che ha quantificato le morti che avverranno nei prossimi cinque anni se l’Aifa continuerà a escludere i coinfetti Hiv/Hcv dall’accesso prioritario alle cure.

Nella lettura sul trattamento dell’Epatite C nelle persone con Hiv, Puoti ha affermato che sui 30mila coinfetti Hiv/Hcv, sono 8000 coloro che, nonostante la malattia di fegato moderata (fibrosi F2 Metavir) progrediranno verso la cirrosi e il cancro del fegato. Se queste persone verranno curate potranno essere risparmiate 376 morti e 500 gravi malattie del fegato. Secondo l’infettivologo del Niguarda ciò avverrà perché le persone con coinfezione, anche se hanno una fibrosi moderata ha una progressione verso la cirrosi molto più rapida delle persone mono infette con Epatite C.

Per informazioni e contatti:

LILA Onlus: Ludovica Jona, Ufficio stampa – l.jona@lila.it – 348 0183527 – www.lila.it
Nadir Onlus: redazione@nadironlus.org – www.nadironlus.org
Plus Onlus: www.plus-onlus.it

Fonte: Newsletter Nadir Onlus

 

Un numero verde per conoscere meglio l’epatite C

postato in: EPATITE C, HCV | 0

Cos’è l’epatite C, come si trasmette e cosa succede se si viene infettati dal virus Hcv? Come è possibile prevenire l’infezione? Per rispondere a queste domande dal 15 al 30 giugno, dal lunedì al venerdì dalle 16 alle 20, sarà attivo il numero verde nazionale 800 129 030.

L’iniziativa rientra nella campagna di informazione “Una malattia con la C” promossa da AbbVie, con il patrocinio dell’Associazione italiana per lo studio del fegato (Aisf), della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e di EpaC Associazione onlus.

Tavola rotonda sulla PrEP a ICAR

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

Notizia da Poloinformativo HIV AIDS

prepGli esperti presenti a ICAR oggi si confrontano sulla PrEP (profilassi pre-esposizione). Numerosi gli studi a riguardo e contrastanti i pareri delle varie personalità presenti. Ci sono le speranze e le attese di chi la considera un ottimo strumento di prevenzione contro l’infezione da HIV, ci sono i dubbi di chi ritiene siano altre le priorità nella lotta all’HIV e ci sono i timori che la PrEP faccia dimenticare l’uso del preservativo che è il solo strumento efficace contro le altre Malattie Sessualmente Trasmissibili (MST).

“PrEP: is it the right time to act ?” è il titolo della Tavola Rotonda che ospita alcuni ricercatori che hanno condotto gli ultimi studi clinici come Sheena Mc Cormick (UK) per lo studio PROUD e Eric Cua (F) per lo studio IPERGAY, insieme a Roy M.Gulick, infettivologo americano con anni di esperienza in questo ambito, e a Sabrina Spinoza Guzman, dell’ EMA (Agenzia europea dei medicinali), insieme alle Associazioni di persone con HIV e alla comunità scientifica infettivologica.

“I dati ottenuti dagli studi PROUD e IPERGAY – spiegano i presidenti del Congresso Cristina Mussini, Laura Sighinolfi e Andrea Cossarizza – entrambi rivolti a MSM (uomini che fanno sesso con uomini) e donne transgender, sono sicuramente importanti, ma il fatto che entrambi abbiano dimostrato livelli di efficacia tanto elevati statisticamente testimonia l’efficacia preventiva della PrEP, e rivela anche quanto sia alto il tasso di infezione in determinati gruppi nei paesi occidentali. Solo a loro, quindi, insieme alle coppie sierodiscordanti, dovrebbe essere offerta la PrEP e non a tutti, come invece chiede la maggior parte di chi la sostiene”.

A livello europeo, il primo paese a richiederla è stata la Francia, dove è attesa per questa estate l’autorizzazione “sub judice” (per i prossimi 2 anni la PrEP sarà disponibile gratuitamente). Per quanto riguarda la posizione italiana, un centinaio di infettivologi hanno risposto ad un questionario, promosso dall’IRCCS AOU San Martino di Genova, che viene presentato durante i lavori a Riccione: il 48% dei partecipanti ritiene non vi siano ragioni sufficienti per rendere disponibile la PrEP anche in Italia, ma il 35% la sostiene comunque. Il 71% degli intervistati teme lo spostamento di attenzione da altri interventi preventivi più utili, il 16% teme il rischio di una eccessiva medicalizzazione della prevenzione di HIV. Del campione, solo il 33% ha “familiarità” con la PrEP e il 63% ha ricevuto domande, soprattutto (86%) da coppie sierodiscordanti.

La disponibilità, comunque, della PrEP non modificherebbe il tipo di vita sessuale per il 64% del campione, anche se è diminuita la percentuale di chi userebbe sempre il preservativo (dal 37% al 27%) e, viceversa, è aumentata quella di chi non lo userebbe mai (dall’11% al 17%).

“In Italia non riusciamo a far diminuire il numero di nuove diagnosi di infezione da HIV registrate ogni anno – dichiara Giulio Maria Corbelli, membro dell’Associazione Plus – È evidente che, se vogliamo davvero fermare la diffusione dell’HIV in Italia, dobbiamo adottare una strategia innovativa: quello che si dimostra più efficace è un approccio “di combinazione”, cioè che metta a disposizione diversi strumenti e diffonda una informazione capillare in modo che ciascuno possa scegliere la strategia più adatta alle proprie esigenze. In questo approccio la PrEP – cioè la possibilità per persone sieronegative ad alto rischio di contrarre l’infezione da HIV di assumere un farmaco per evitare di contrarre l’infezione – può avere un ruolo essenziale perché consente, ad esempio, di prevenire l’infezione in persone che nonostante siano bene informate non riescono o non vogliono usare costantemente il preservativo con diversi partner sessuali”.

“Allo stato attuale siamo contrari alla PrEP – dichiara Margherita Errico, Presidente di NPS Italia Onlus – Non troviamo giusto l’approccio culturale di medicalizzare il sesso, ma ci rendono molto perplessi anche gli alti problemi di costi, di cui ancora non è chiaro su chi dovrebbero ricadere. In più manca completezza dei dati fondamentali, quelli italiani ed europei, perché quelli americani non bastano, e questo gap di dati sulla tollerabilità non va trascurato. Non si hanno neanche dati sufficienti sul livello di penetrabilità della PrEP a livello degli organi genitali. E non abbiamo neanche dati certi sul rischio di aumentato sviluppo di resistenze ai trattamenti antiretrovirali. Infine, allo stato attuale, gli studi sottolineano e confermano come nel lungo termine i pazienti con Hiv riscontrino problemi sia con i reni che con le ossa.

“Se il preservativo è efficace nel 99%, quella della PrEP è variato dall’iniziale 92% del 2011 all’86% delle ultime rilevazioni – prosegue Margherita Errico – Questo margine scoraggia chi si approccia a questa terapia, a nostro avviso. Un dato importante e preoccupante, per cui sentiamo fervida la responsabilità di chiedere al Sistema Sanitario di non intervenire a favore della stessa terapia. A farci preoccupare un dato che molti sembrano trascurare: molti di questi pazienti americani non stanno usando il preservativo, così le ultime dichiarazioni dagli studi presentati a Seattle lo scorso marzo, quindi non c’è copertura rispetto ad epatite, sifilide e altre malattie infettive che sono a loro volta terreno fertile per l’acquisizione comunque dell’infezione da Hiv. Cosa non da poco, per esempio, se si pensa che la sifilide, secondo dati CDC,è stata rintracciata nel 48% dei casi tra gli omosessuali.”

Interviste: Meteoweb

L’articolo Tavola rotonda sulla PrEP a ICAR è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Tutti gli articolidi di poloinformativo

Canale informativo Poloinformativo HIV AIDS – per saperne di più su hiv e aids

I nuovi NNRTI funzionano anche con aderenza non ottimale

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

 

AderenzaAlcuni nuovi regimi di trattamento contro l’HIV consentono di raggiungere la soppressione virale anche con tassi di aderenza dell’ 85%, secondo i ricercatori dello studio US Veteran Aging Cohort Study pubblicato nell’ edizione on line del Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes.

 

 

Gli autori hanno monitorato le tendenze di aderenza e soppressione della carica virale tra il 2001 e il 2010. Sia aderenza che tassi di soppressione virale risultano migliorate nel corso degli anni. Inoltre, un aumento significativo del tasso di soppressione virale è stata osservato tra i pazienti che assumevano una terapia basata su un inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa (NNRTI) anche senza una perfetta aderenza.

“I nostri dati suggeriscono che i livelli di aderenza inferiore al 95% possono essere sufficienti per la soppressione virale con le nuove formulazioni NNRTI “, hanno affermato gli autori. “un 85-89% di adesione a regimi basati su NNRTI può essere sufficiente per la soppressione virale.”

L’obiettivo della terapia HIV è ottenere una carica virale non rilevabile. La percentuale di pazienti che hanno raggiunto la soppressione virale (definita in questo studio, come carica virale inferiore a 400 copie / ml) è aumentata notevolmente negli ultimi anni. Ciò è dovuto in parte al miglioramento dei farmaci antiretrovirali: quelli moderni hanno un buon profilo di sicurezza e la maggior parte ha un dosaggio semplice con combinazioni disponibili ed efficaci in una sola pillola giornaliera.
Ma non è chiaro se le combinazioni moderne richiedono un elevato livello di aderenza.

Per rispondere a questa domanda, i ricercatori hanno monitorato i tassi di aderenza e di soppressione virale tra 22.000 veterani con HIV nel corso di dieci anni. Gli autori hanno voluto vedere se il livello di aderenza necessario per raggiungere una carica virale non rilevabile differiva tra i regimi basati su NNRTI, inibitori della proteasi e nuove molecole come gli inibitori dell’integrasi. L’aderenza è stata valutata in base alle richieste di fornitura farmaci.I ricercatori hanno riconosciuto che questo non è metodo perfetto per valutare l’assunzione della pillola, ma credono che sia più affidabile del richiamo diretto al paziente.

La proporzione dei pazienti che assumono un regime complesso multi-farmaco, inibitore della proteasi o regimi a base di NNRTI è diminuito durante il follow-up rispettivamente dal 65% al 43%, e dal 33% al 16%.

Nel 2006 solo l’1% dei pazienti stava assumendo una sola pillola a base di NNRTI (emtricitabina / tenofovir / efavirenz), salendo al 29% entro il 2010. La terapia contenente un inibitore dell’integrasi è stata utilizzata da 11% dei pazienti nel 2010.

La proporzione di pazienti con aderenza del 95% o superiore è aumentata dal 37% del 2001 al 42% nel 2010. Gli autori hanno descritto questo aumento come “marginale”.

I pazienti che assumono i regimi basati su NNRTI avevano più probabilità di adesione quasi perfetta rispetto agli individui che prendono combinazioni contenenti un inibitore della proteasi. I pazienti con terapia in singola pillola avevano una migliore aderenza rispetto ai pazienti che assumono più pillole.

Le analisi dei pazienti con aderenza inferiore al 95% ha mostrato una percentuale di soppressione virale aumentata dal 38% nel 2001 al 94% nel 2010. Un aumento dei tassi di soppressione virale è stata osservata anche tra i pazienti con aderenza a partire da 70% -75%.

La percentuale di pazienti con soppressione virale sostenuta è passata dal 78% nel 2001 al 92% nel 2010.

Nel complesso, le possibilità di raggiungere soppressione virale erano le stesse per i pazienti con aderenza del 90% -94% e quelli con adesione superiore al 95%.
Confrontando i pazienti in base al tipo di regime, a tutti i livelli di aderenza, i tassi di soppressione virale erano più alti tra gli individui in terapia NNRTI.

Per i pazienti in terapia con un inibitore della proteasi, l’adesione superiore al 95% è stata associata con i più alti tassi di soppressione virale, mentre risultati inferiori sono stati osservati anche quando i pazienti stavano assumendo tra il 90% -94% delle loro dosi.

Per i pazienti in terapia a base di NNRTI, un livello di adesione del 85% è stato associato con altrettanto elevata la possibilità di raggiungere una carica virale non rilevabile come con un tasso di adesione pari o superiore al 95%.

“Questi risultati sull’aderenza non dovrebbero lasciare dubbi relativi alle barriere che ancora ostacolano la prescrizione di nuovi regimi HAART nelle fasi iniziali della malattia”, suggeriscono gli autori. “Gli sforzi devono essere fatti per massimizzare la prescrizione e l’uso di regimi single pill. In futuro ci si dovrebbe concentrare sull’uso di altri regimi a pillola singola già approvati e sui nuovi farmaci già inseriti come regimi terapeutici raccomandati negli orientamenti più recenti, facilitando il loro impiego in popolazioni con problemi di accesso e di mantenimento in cura “.

Reference

Viswanathan S et al. Adherence and HIV RNA suppression in current era of highly active antiretroviral therapy (HAART). J Acquired Immune Defic Syndr, online edition. DOI: 10/1097/QAI.0000000000000643, 2015.

Fonte: Aidsmap

Traduzione e adattamento a cura di Poloinformativo HIV
In caso di utilizzo si prega di citare anche la fonte della traduzione

L’articolo I nuovi NNRTI funzionano anche con aderenza non ottimale è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Invecchiamento con HIV e degenerazione maculare

postato in: AIDS, HCV, HIV | 0

 

invecchiamentoUn nuovo studio conferma quanto già alcune ricerche avevano previsto in relazione al maggior rischio, nell’ invecchiamento delle  persone con HIV/AIDS,  di sviluppare degerazione maculare senile (DMS; in inglese AMD, Age-related Macular Degeneration) anche in età inferiore rispetto alle persone senza HIV.

 

 

 

 

“Nei pazienti con HIV e AIDS che vivono più a lungo rispetto al passato, è aumentato il rischio di sviluppare diverse malattie legate all’età più precocemente rispetto alle persone non infette da HIV, tra cui le malattie cardiovascolari e il diabete”, ha detto Douglas A. Jabs, MD, MBA , Professore Ordinario di Oftalmologia e Medicina presso la Facoltà di Medicina di Icahn Monte Sinai, autore principale del nuovo studio. “Questo aumento del rischio per malattie legate all’età, in generale, ci ha portato ad analizzare come questi pazienti sono influenzati da una delle malattie oculari più comuni legate all’età, cioè la degenerazione maculare senile “.

L’degenerazione maculare senile  è la principale causa di menomazione visiva e cecità nelle persone sopra i 65 anni ed è il risultato di un danno alla zona centrale della retina, chiamata macula, che è la responsabile della buona visione centrale. La degenerazione maculare senile è descritta in più fasi – inizio, fase intermedia e avanzata – con perdita della vista che si verifica nell’ultima fase per atrofia o presenza di anormali nuovi vasi sanguigni. Le persone non infette da HIV allo stadio intermedio AMD sono a rischio di progressione verso la fase avanzata della degenazione maculare, ma in genere non perdono la vista.

Per determinare come l’AIDS può contribuire alla AMD, il dottor Jabs e colleghi hanno arruolato 1.825 pazienti con età 13-73 anni con AIDS negli Stati Uniti tra il 1998 e il 2011. I ricercatori hanno classificato fotografie della retina per AMD e messo i partecipanti a confronto nella coorte LSOCA con i dati pubblicati su una popolazione di pari età senza HIV dal Beaver Dam Offspring Study, che ha anche classificato fotografie della retina per le funzionalità AMD. I risultati hanno mostrato che la prevalenza di stadio intermedio AMD nei pazienti affetti da AIDS è stato quasi del 10 per cento e, se si tiene conto di eventuali differenze di età, è stato di circa quattro volte superiore a quella in Beaver Dam Studio.
I ricercatori hanno stabilito che la maggiore prevalenza di AMD nella coorte LSOCA non era collegata ad alcun farmaco o classe di farmaci utilizzati per il trattamento dell’infezione da HIV. Piuttosto hanno sottolineato che la terapia con antiretrovirali anche se ripristina il sistema immunitario non lo riporta alla completa normalità; ci sono cambiamenti immunologici simili a quelli osservati in pazienti che non hanno l’HIV ma che sono molto più vecchi, circa 70 anni di età, ed è un fenomeno definito “immunosenescenza.”

“Anche se il meccanismo di base che porta a questo aumento di diagnosi di degerazione maculare senile nelle persone con HIV non è ancora noto, esso può riguardare lo stato di attivazione immunitaria cronica e infiammazione sistemica presenti in questi pazienti”, ha detto il dottor Jabs.

Il Dr. Jabs e colleghi fanno notare che ulteriori esplorazioni di questi risultati può fornire la possibilità di capire meglio il ruolo della immunosenescenza e dell’infiammazione sistemica nello sviluppo di AMD, che a sua volta potrebbe portare a nuove terapie. I risultati suggeriscono che la terapia antiretrovirale e l’immunoricostituzione nelle le persone con infezione da HIV può causare un accelerato e accentuato invecchiamento.

Fonte:Healthcanal

Traduzione e adattamento a cura di Poloinformativohiv- in caso di utilizzo si prega di citare la fonte della traduzione

L’articolo Invecchiamento con HIV e degenerazione maculare è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.

Ok dell’Aifa a trattamento anti-epatite C senza interferone

postato in: EPATITE C, HCV | 0

L’Agenzia italiana del farmaco ha concesso la rimborsabilità come innovazione terapeutica a daclatasvir per l’uso in associazione con altri medicinali nei genotipi 1, 3 e 4 per il trattamento dell’infezione cronica da virus dell’epatite C in pazienti adulti.

A darne notizia l’azienda produttrice del farmaco (Bristol-Myers Squibb).

1 2 3 4