Notizia da Poloinformativo HIV AIDS
Lo scorso anno al tradizionale ruolo contro le tossicodipendenze, ai SERD è stato affidato anche quello su gioco d’azzardo, tabagismo, alcolismo. Mancano però mezzi e risorse per fare davvero prevenzione. Colloquio col prof. Alfio Lucchini, direttore del Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2.
Direttore lei sta studiando da molti anni l’organizzazione e l’offerta di servizio dei SERD in Italia: queste strutture sono ancora utili, per far fronte alle tossicodipendenze? In effetti la mia esperienza supera ormai i 30 anni di impegno. Dallo scorso anno i vecchi Sert che risalivano al ’90 si sono trasformati in SerD – servizi pubblici per le dipendenze.
Non è un fatto solo nominalistico, è cambiato il mandato dei Servizi: oggi dobbiamo affrontare tutto lo spettro delle dipendenze, legali ed illegali, da sostanze e da comportamenti.Gli operatori sono figure professionali pluridisciplinari, in grado di affrontare la complessità e plurifattorialità della patologia da affrontare, garantendo l’accesso diretto alle cure e ovviamente l’anonimato dei nostri pazienti. Il nostro è un lavoro che permette di ridurre o interrompere il consumo di droghe e di comportamenti dipendenti.
Di prevenire danni futuri associati al consumo di droghe o dei comportamenti di dipendenza, di ridurre fino ad abolire la assunzione, e anche la assunzione non sicura, delle droghe per via iniettiva al fine di prevenire la diffusione dell’HIV, dell’HCV e di altre malattie infettive. E quindi di migliorare la qualità della vita ed il benessere psichico del paziente, riducendo il rischio di overdose e le attività criminali.
Il bacino di utenza è enorme, circa 300.000 persone si sono rivolte nell’ultimo anno ai SerD e ai Dipartimenti delle Dipendenze: per questo penso che non solo vi sia la necessità dei SerD, che attualmente sono 550 nelle ASL italiane, ma è urgente che le Istituzioni se ne occupino maggiormente per valorizzarli dotandoli di maggior personale e strumenti. Esistono le statistiche ma anche la percezione che attesta la qualitá del nostro lavoro: un sondaggio del 2012 FeDerSerD/Eurisko ha indicato un 90% dei pazienti che valutano buona la accessibilità ai Ser.D. L’80% si dichiara soddisfatto della terapia in corso, l’80% ritiene di aver migliorato la propria condizione psico-socio-relazionale, il 75% afferma di avere avuto continuità terapeutica in carcere (se ha avuto questa esperienza). Infine il 90% ritiene soddisfacente il programma al SerD.
Quali servizi offrite e fino a che punto riuscite a farlo, per risorse, personale ed anche presenza sul territorio
La situazione del personale è problematica: negli ultimi dieci anni sono quasi raddoppiati i pazienti e il personale è rimasto bloccato a circa 7.000 unità. Garantire i livelli essenziali di assistenza che comprendono attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione è difficilissimo e in molte realtà già disatteso. Si continua a spendere in Italia meno dello 0,8% del fondo sanitario nazionale per la lotta alle dipendenze, mentre i costi sociali e sanitari incidono sul PIL per un valore in euro decine di volte superiore. Le differenze in capacità programmatoria e servizi offerti tra Regione e Regione e talvolta tra ASL della stessa Regione sono imbarazzanti.Come è cambiato nel corso di questi anni lo specifico di chi si rivolge ad un SERD?La cosa significativa è che ai SerD si presentano sempre più persone, giovani e meno giovani, considerabili “normali”. Ad esempio cittadini che sono incorsi in problemi legati alla guida per abuso di alcol o sostanze: parlo di decine di migliaia di utenti. O lavoratori, con particolari mansioni tipo quelle che prevedono movimentazioni, che sottoposti ad accertamenti per verificare l’uso di sostanze, sono risultati positivi ad almeno una sostanza. Insomma compiti di sanità pubblica. Per quel che riguarda le sostanze, in molte aree del Paese è la cocaina la droga più frequentemente utilizzata dai nuovi utenti dei SerD. Ma anche il poliabuso, sia di sostanze quali alcol e cocaina, o alcol e psicofarmaci, è sempre più rappresentato. E infine c’è il GAP, il gioco d’azzardo patologico, emergenza degli ultimi anni.I SERD riescono ad intercettare i nuovi tossicodipendenti, quelli del week-end, i ragazzi che usano solo droghe sintetiche, i milioni che fanno uso costante di cannabinoidi?
Credo non sia possibile pensare di intervenire su comportamenti che hanno pervaso la società in modo significativo e che hanno vissuti diversi, con i soli Servizi di accoglienza e cura. Ad esempio il consumo di cannabis: è assai diffuso, si valuta che oltre un terzo dei giovani ne abbia fatto uso, ma da noi arrivano quei 30mila che incorrono in problemi amministrativi o legali per averla assunta. La scelta centrale dovrebbe essere quella della prevenzione, e di interventi coordinati a livello dei territori, con centri aggregativi, unità mobili, servizi di approccio precoce.Oltre a queste strutture a suo avviso quale dovrebbe essere la risposta del pubblico per far fronte alle gravi tossicodipendenze? Le comunità di recupero, ad esempio, sono ancora progetti validi? Esiste la necessità di riflettere ed intervenire su situazioni di vita complicate, in cui la tossicodipendenza rappresenta la risposta incontrata per “proseguire a vivere”. Il termine cronicità non deve spaventarci, e le fragilità gravi richiedono interventi di lungo respiro. Le gravi dipendenze si caratterizzano per la possibile ciclicità della presentazione dei fenomeni di abuso e dipendenza. Quindi i SerD devono migliorare i percorsi legati alla intensità di cure, con interventi coordinati con il sistema della medicina territoriale. Il ruolo delle Comunità terapeutiche deve cambiare profondamente e diventare parte integrante dei progetti territoriali, con percorsi flessibili, in stretto rapporto con SerD. In linea generale le Comunità dovrebbero orientarsi su una maggiore specializzazione e modularità delle offerte.
La situazione del personale è problematica: negli ultimi dieci anni sono quasi raddoppiati i pazienti e il personale è rimasto bloccato a circa 7.000 unità. Garantire i livelli essenziali di assistenza che comprendono attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione è difficilissimo e in molte realtà già disatteso. Si continua a spendere in Italia meno dello 0,8% del fondo sanitario nazionale per la lotta alle dipendenze, mentre i costi sociali e sanitari incidono sul PIL per un valore in euro decine di volte superiore. Le differenze in capacità programmatoria e servizi offerti tra Regione e Regione e talvolta tra ASL della stessa Regione sono imbarazzanti.Come è cambiato nel corso di questi anni lo specifico di chi si rivolge ad un SERD?La cosa significativa è che ai SerD si presentano sempre più persone, giovani e meno giovani, considerabili “normali”. Ad esempio cittadini che sono incorsi in problemi legati alla guida per abuso di alcol o sostanze: parlo di decine di migliaia di utenti. O lavoratori, con particolari mansioni tipo quelle che prevedono movimentazioni, che sottoposti ad accertamenti per verificare l’uso di sostanze, sono risultati positivi ad almeno una sostanza. Insomma compiti di sanità pubblica. Per quel che riguarda le sostanze, in molte aree del Paese è la cocaina la droga più frequentemente utilizzata dai nuovi utenti dei SerD. Ma anche il poliabuso, sia di sostanze quali alcol e cocaina, o alcol e psicofarmaci, è sempre più rappresentato. E infine c’è il GAP, il gioco d’azzardo patologico, emergenza degli ultimi anni.I SERD riescono ad intercettare i nuovi tossicodipendenti, quelli del week-end, i ragazzi che usano solo droghe sintetiche, i milioni che fanno uso costante di cannabinoidi?
Credo non sia possibile pensare di intervenire su comportamenti che hanno pervaso la società in modo significativo e che hanno vissuti diversi, con i soli Servizi di accoglienza e cura. Ad esempio il consumo di cannabis: è assai diffuso, si valuta che oltre un terzo dei giovani ne abbia fatto uso, ma da noi arrivano quei 30mila che incorrono in problemi amministrativi o legali per averla assunta. La scelta centrale dovrebbe essere quella della prevenzione, e di interventi coordinati a livello dei territori, con centri aggregativi, unità mobili, servizi di approccio precoce.Oltre a queste strutture a suo avviso quale dovrebbe essere la risposta del pubblico per far fronte alle gravi tossicodipendenze? Le comunità di recupero, ad esempio, sono ancora progetti validi? Esiste la necessità di riflettere ed intervenire su situazioni di vita complicate, in cui la tossicodipendenza rappresenta la risposta incontrata per “proseguire a vivere”. Il termine cronicità non deve spaventarci, e le fragilità gravi richiedono interventi di lungo respiro. Le gravi dipendenze si caratterizzano per la possibile ciclicità della presentazione dei fenomeni di abuso e dipendenza. Quindi i SerD devono migliorare i percorsi legati alla intensità di cure, con interventi coordinati con il sistema della medicina territoriale. Il ruolo delle Comunità terapeutiche deve cambiare profondamente e diventare parte integrante dei progetti territoriali, con percorsi flessibili, in stretto rapporto con SerD. In linea generale le Comunità dovrebbero orientarsi su una maggiore specializzazione e modularità delle offerte.
I SERD dovrebbero occuparsi anche delle altre dipendenze, soprattutto alcol, ma anche fumo e gioco d’azzardo: avete modo di fare tutto? Ce ne occupiamo: in questo momento ad esempio di fatto solo i SerD prendono in cura giocatori d’azzardo patologico, circa 8.000. Per l’alcol 75.000 persone sono in cura nei servizi alcologici, di norma unità organizzative dei Servizi o dei Dipartimenti delle Dipendenze. Gli interventi di disassuefazione dal tabagismo al 65% sono curati dai Servizi delle Dipendenze e in modo minoritario da ambulatori ospedalieri o da associazioni di interesse. Ma torno a dire: dovrebbe essere l’insieme del sistema sanitario ad occuparsi di questi aspetti ritenuti da tutti centrali per la salute dei cittadini.
Fonte: rainews.it