Marco, 20 anni, sieropositivo: «Non sottovalutate l’Aids»

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Marco, 20 anni, sieropositivo: «Non sottovalutate l'Aids» Gli è bastato avere rapporti non protetti una o due volte per contrarre il virus dell'Hiv E da allora è cambiata la sua idea della vita, dell'amore e della saluteL’Aids esiste ancora: l’Hiv si continua a trasmettere, anche se se ne parla meno di un tempo. Anzi, forse proprio per questo. Può succedere a tutti di contrarre il virus, anche a chi conduce una vita ordinaria.

E’ capitato a Marco, che ha vent’anni e ha scoperto di essere sieropositivo a marzo, quando si è sottoposto a una serie di esami per scoprire l’origine di una irritazione cutanea persistente. «Siccome dovevano farmi un prelievo, ho chiesto anche l’esame per l’Hiv – spiega -. Purtroppo tre test su tre sono risultati positivi».

Marco è gay, ha un lavoro fisso, che lo soddisfa, come commesso, ha avuto qualche storia occasionale, ma è alla ricerca dell’amore, più che delle avventure. «Nei rapporti mi sono quasi sempre protetto. Sarà capitato una volta o due che non lo facessi, ed è bastata quella disattenzione – dice –. E’ vero che prima di sapere del virus conoscevo solo le nozioni di base su Hiv e Aids: ero piuttosto ignorante anche perché è un argomento su cui ci si sofferma poco».

Fra gli anni Novanta e l’inizio del Duemila si sentiva parlare molto del virus, poi è come se l’allarme fosse cessato, e per i più giovani, quelli che in quegli anni nascevano, l’Aids sembra quasi una realtà del passato.

«Invece è toccato a me – dice Marco -. Ed è stata una scoperta atroce. Non temevo tanto la morte, quanto l’idea della solitudine. Ci sono state tante notti insonni, crisi di panico, giornate passate a piangere. Mi sono cancellato dai social network, cercavo di isolarmi». Poi, però, Marco ha trovato il coraggio di affrontare la realtà e si è rivolto ai medici. «Ho cominciato a fare visite e controlli, a raccogliere informazioni. E ho avuto anche delle belle notizie. Ho saputo che la mia carica virale era bassa, e che non avrei per il momento avuto bisogno di farmaci. Devo ripetere i controlli ogni sette mesi, ma per ora posso evitare i medicinali, e i danni al mio corpo sono stati limitatissimi».

Anche se fatica a pronunciare quella sigla, Hiv, adesso Marco sa che ci potrà convivere. «Però rimane un peso costante, anche quando sono felice, un’ombra scura. E farei qualsiasi cosa pur di potermene liberare».

Marco ha trovato degli ottimi interlocutori nei medici e negli infermieri, che lo stanno seguendo e tranquillizzando, ma anche nelle sue amiche. «Sono fantastiche. Mi accompagnavano loro in ospedale, perché io non riuscivo a guidare, tanta era l’ansia. E intanto hanno deciso anche loro di sottoporsi agli esami e di informarsi meglio sull’Hiv e sull’Aids. Ora anche loro sanno tutto. Alle persone a cui voglio bene ho detto della mia sieropositività, non ho paura di farlo e so che mi capiscono, ma non ho voglia di parlarne a tutti».

Le amiche di Marco sanno bene che il virus non si trasmette abbracciandosi o bevendo allo stesso bicchiere: «Faccio con loro tutto quello che facevo prima, nulla è cambiato. Mi riempiono di affetto». Anche la mamma ha capito e gli sta vicino.
Ma Marco sta anche pagando il prezzo dell’ignoranza che ancora rimane a proposito dell’Hiv. «Mio fratello maggiore, ad esempio, da quando ha saputo separa gli asciugamani, le posate, persino l’asciugacapelli e la piastra, non vuole stare in piscina con me».

Anche lui, d’altra parte, prima di sapere di avere contratto il virus, aveva tagliato i ponti con un ragazzo che stava cercando di conoscerlo meglio, non appena era stato messo al corrente della sua sieropositività. «Avevo cancellato il suo numero, non volevo più saperne, avevo paura. A marzo, però, l’ho ricontattato per scusarmi di quello che avevo fatto. Quando ci siamo incontrati ho pianto a lungo, ho finalmente capito la portata del dolore che gli avevo inflitto. La verità è che se tutti fossimo più informati saremmo più tranquilli e sapremmo proteggerci meglio».

Marco oggi può fare tutto quello che faceva un anno fa. Ma qualcosa è cambiato profondamente: «Adesso sono più attento alla salute, mia e degli altri. Quando conosco un ragazzo mi prendo più tempo, non andrei mai a letto subito. Voglio capire se c’è chimica, se c’è intesa. E se si instaura un buon rapporto, voglio potergli parlare della mia sieropositività».

Lui ha imparato molto, e vorrebbe trasmettere il suo messaggio: «Non pensate all’Hiv come a qualcosa di lontano: state attenti a voi stessi e agli altri, non vivete i rapporti sessuali con superficialità, perché il rischio esiste davvero».

E, per il suo futuro, sogna «una convivenza con una persona speciale e un cane. E sogno che un giorno mi telefonino per dirmi che è stata trovata una cura».

Fonte: Vanity Fair

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