Una nuova tecnica di tracciaggio delle cellule infette permette di studiare la replicazione del virus all’interno dei tessuti, con un’accuratezza mai raggiunta prima. Lo studio effettuato sui macachi potrebbe avere importanti conseguenze nel trattamento di pazienti sieropositivi umani.
Per la prima volta nella storia della medicina è stato possibile osservare la replicazione in tempo reale del virus dell’AIDS all’interno di un organismo vivente. Una nuova tecnica di imaging diagnostico ha permesso di tracciare una mappa della diffusione del virus di immunodeficienza delle scimmie (SIV) – il corrispettivo animale del virus dell’HIV – in alcuni macachi.
La scoperta pubblicata su Nature Methods permette di far luce su alcune modalità ancora misteriose della diffusione del virus all’interno dei tessuti dell’organismo.
Indisturbato. Nell’uomo, la replicazione del virus dell’HIV avviene nelle cellule dei tessuti, e non nel sangue: questo fa sì che talvolta i livelli dell’infezione riscontrati nel sangue non siano totalmente rappresentativi della diffusione del virus, anche se normalmente le analisi del sangue sono un metodo perfettamente adeguato per rintracciare il virus nell’uomo.
Virus ombra. I pazienti sieropositivi sotto terapie antiretrovirali hanno talvolta livelli di HIV talmente bassi che non emergono dagli esami del sangue: il virus continua però a replicarsi in “silenzio” e le possibilità di combatterlo in modo adeguato vengono meno.
La mappa del virus. Per ovviare al problema, Francois Villinger della Emory University di Atlanta ha preso in prestito una tecnica usata nell’oncologia. Un tracciante radioattivo è stato legato a un anticorpo che si attacca selettivamente soltanto alle proteine espresse sulla superficie di cellule attaccate dal SIV.
L’anticorpo così ingegnerizzato è stato iniettato in 12 macachi infetti che sono stati sottoposti, un’ora dopo, a tomografia ad emissione di positroni (PET). L’esame – ribattezzato “immunoPET” – ha permesso di tracciare gli anticorpi e individuare così i luoghi in cui il virus era diffuso.
Diffusione a sopresa. Il SIV si stava replicando, come previsto, in intestino, linfonodi e nel tratto genitale degli animali, ma anche in alcuni tessuti inattesi, per esempio nelle cavità nasali: «L’intero tratto respiratorio alto è ricco di tessuto linfatico, non ci avremmo mai pensato» ammette Timothy Schacker dell’Università del Minnesota, che studia le modalità di infezione dell’HIV. Livelli sorprendentemente alti del virus SIV sono stati individuati anche nei polmoni, organi che finora avevano ricevuto poca attenzione da chi fa ricerca in materia.
Non ci sfuggi. Tre macachi sono stati nuovamente sottoposti a PET a 5 settimane da un trattamento antiretrovirale. Nessuno dei primati mostrava di avere ancora il virus nel sangue, ma il SIV è stato osservato nuovamente replicarsi nei tessuti. La prova, questa, che l’immunoPET potrebbe costituire un’alternativa più efficace e meno invasiva alle consuete e ripetute biopsie, spesso inefficaci nello stanare il virus.
Dalla scimmia all’uomo. La ricerca potrebbe aiutare a indirizzare meglio le cure nei pazienti sottoposti a trattamenti antiretrovirali, e a capire per quanto tempo e in quali tessuti il virus continui a replicarsi a basso ritmo, o se le modalità di propagazione del virus dipendano dal tipo di trasmissione (sessuale o intravenosa). Adattata all’uomo, l’immunoPET potrebbe chiarire quali strategie terapeutiche siano effettivamente più efficaci, e quali siano le tipologie di cellule più resistenti ai trattamenti antiretrovirali.
FONTE: focus.it
L’articolo L’avanzata del virus osservata in tempo reale è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.