I nuovi farmaci per sconfiggere il virus dell’epatite C saranno made in Latina. E’ la scelta di due multinazionali per la produzione di queste molecole a livello globale. E l’Italia è anche il Paese dove il numero di pazienti con il fegato minato dal virus Hcv è percentualmente da capogiro. L’obiettivo del servizio sanitario è quello di eliminare il virus dal nostro Paese.
Medicine sotto stretto controllo, la gestione è centrale
I farmaci ci sono, ne arriveranno anche altri, ma hanno il problema dei costi. Si è scelta così la via della selezione dei pazienti in base alla gravità per arrivare, nel tempo, a zero epatite C in Italia. Nel tempo. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha pianificato una strategia molto moderna: un algoritmo di selezione dei pazienti. Che affiancato al recente registro nazionale dovrebbe consentire di vincere la sfida. Anche gli accordi sui costi (in alcuni casi secretati per richiesta dei produttori) hanno premiato la nostra agenzia, a tal punto da essere «invidiata» da altri Stati europei che avevano già dato il via libera al mercato di questi preziosi farmaci.
Dal 24 febbraio (Gazzetta ufficiale) il simeprevir è disponibile in Italia ed è partita la cura anti-virus dell’epatite C senza interferone e ribavirina. Non è in farmacia, ma solo in ospedale. E solo per i malati che sono monitorati (vedi algoritmo Aifa) nell’assunzione del medicinale. Una cura gratuita ma tenuta sotto stretta sorveglianza economica. Tutto ciò dopo l’annuncio della multinazionale Janssen di aver individuato nello stabilimento di Latina il produttore del farmaco per tutto il mondo e dopo il successo della lunga trattativa sul prezzo del simeprevir in Italia, finalmente è partita la prima vera possibilità di eradicare l’epatite C in un Paese.
Farmaci «rivoluzionari»
L’Aifa, l’11 marzo, ha anche raggiunto l’accordo per la rimborsabilità della combinazione dasabuvir e ritonavir per pazienti affetti da epatite cronica C (genotipo 1 e 4). E anche in questo caso la multinazionale produttrice (AbbVie) ha scelto la zona di Latina, il loro stabilimento è a Campoverde di Aprilia, sia per il mercato italiano sia estero. Gli infettati dal virus dell’epatite C (Hcv) in Italia costano attualmente al Servizio sanitario nazionale circa un miliardo di euro l’anno.
Siccome si tratta di una malattia mortale (si «cura» con trapianto oppure non si cura), si può ben dire che far guarire chi ne è affetto con una o due pillole al giorno è una scoperta rivoluzionaria. A cui si è arrivati con fatica, dopo anni e anni di ricerca e investimenti milionari. Così, quando questi farmaci tagliano il traguardo il costo trattato lievita. E non solo perché si deve recuperare l’investimento, ma anche per fare business. Peraltro, in questo caso, il prezzo elevato potrebbe essere cancellato nel giro di sei settimane di nuova cura (2 mesi al massimo): la promessa è, infatti, la guarigione al termine del periodo previsto nella quasi totalità dei casi. Il costo tiene conto di tutto ciò.
Nonostante la crisi l’Italia si impegna a eradicare l’epatite C
Il sofosbuvir, il primo approvato, tocca i circa 80 mila euro nel mondo (i 50 mila in Italia, si dice). Una malattia incurabile che diventa guaribile in poco tempo. Vera rivoluzione, ma solo per ricchi laddove non esiste un servizio sanitario nazionale. I poveri possono anche morire. L’Italia, che ha un servizio sanitario nazionale, sta cercando la via per preservare la sua filosofia di sanità universale e arrivare a curare tutti, cominciando dai più gravi per restare nel budget risicato, ma con l’obiettivo di eradicare il virus nell’arco di qualche anno. Al massimo entro il 2030, trasferendo la voce epatite C ai libri di Storia della medicina così come già accaduto in passato con la peste o con il vaiolo.
I costi non sembrano sostenibili nell’Italia odierna e i conti stentano a tornare, ma la determinazione del ministro della Salute Beatrice Lorenzin e del direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) Luca Pani hanno posto le basi di una roadmap anti epatite C per raggiungere l’obiettivo del tutti curati gratuitamente. Partendo dai malati gravi, per arrivare a quel milione (forse un milione e mezzo) di infettati ipotizzato (o stimato), anche perché a volte senza diagnosi.
Il costo che si assorbirà nel medio-lungo periodo
Per dare idea di che cosa si parla basta un piccolo gioco di calcolo: un milione di epatitici C per 50-70 mila euro (occorrono due di questi farmaci per guarire 9 malati e mezzo su dieci) porta a un totale di 50-70 miliardi di euro. Metà dell’intero fondo previsto per il Ssn nel 2015. Impossibile fare tutto subito, ma piano piano si può arrivare all’obiettivo: dai malati candidati al trapianto, da quelli che hanno più di metà fegato già non più funzionante (per la cicatrice, cirrosi, che via via uccide l’intero organo e quindi l’intero organismo) o prima che l’infezione continua non si trasformi in tumore (epatocarcinoma).
Nel medio-lungo termine, dunque, tale costo si rivelerà un risparmio per il servizio sanitario: in vite umane, in disabilità croniche, in spese dirette e indirette. Gli esperti in economia sanitaria sottolineano l’importanza di avere tra le mani nuove cure costosissime ma definitive. «I pazienti ufficiali con epatite C attualmente trattati o in osservazione dal servizio sanitario sono circa 370 mila, a cui vanno aggiunti 18-25 mila individui detenuti nelle carceri italiane», dice Massimo Colombo, università di Milano, epatologo di fama internazionale. Finalmente si conoscono i numeri, grazie a un registro nazionale divenuto d’obbligo di fronte al costo delle nuove cure. Occorre pianificare in base a dati precisi. O quasi. «Partendo dai dati, siamo andati a valutare qual è l’onere reale a carico dello Stato – aggiunge Colombo -. Resta il fatto che noi medici dovremmo spiegare ai pazienti perché c’è la cura e non possono assumerla subito, che dovranno aspettare e aggravarsi per venire guariti».
L’analisi economica
L’analisi economica spetta a Francesco Mennini, economista sanitario dell’università Tor Vergata di Roma: «Abbiamo distinto i costi diretti da quelli indiretti. I primi, quelli cioè collegati all’assistenza sanitaria, al 2013 sono oltre 400 milioni di euro. I secondi, gli indiretti, che riguardano la perdita di produttività dovuta alle giornate di assenza dal lavoro, ammontano a circa 640 milioni euro. Di conseguenza, l’onere complessivo di trattamento e monitoraggio della malattia si attesta intorno al miliardo di euro all’anno.
Considerando poi una suddivisione per stadio di malattia, emerge che in termini di costi diretti la cirrosi è al primo posto, con oltre 200 milioni di euro sostenuti dal servizio sanitario, seguita dall’infezione da Hcv cronica con 125-126 milioni di euro, e dai trapianti di fegato che pesano per circa 40-45 milioni di euro. Infine, i 26-27 milioni di euro legati al carcinoma epatico». Quindi un peso economico molto importante per il trattamento e il monitoraggio di questi pazienti. La soluzione? Far guarire questi malati. E oggi c’è il modo. Con un risparmio virtuoso che, alla lunga, donerà ossigeno all’asfittico servizio sanitario italiano. Entro quanto tempo? Prosegue Mennini: «Considerando un modello che ci ha permesso di prevedere che cosa potrebbe accadere dal 2015 fino al 2030 con l’introduzione dei nuovi farmaci, emerge che ci sarebbe una fortissima riduzione a partire dai primi 20 mesi nella prevalenza dei casi. C’è, poi, una consistente riduzione di morti da epatocarcinoma, del numero dei trapianti e, a partire dal secondo anno di inizio di trattamento, anche una riduzione dei costi diretti sanitari».
Quali sono in nuovi farmaci
I nuovi farmaci: quattro sono quelli già approvati e altri tre sono in arrivo, tutti garantiscono la guarigione nella quasi totalità dei casi. Dopo il sofosbuvir, il primo di nuova generazione arrivato in Italia, ecco ora il simeprevir. I due abbinati guariscono senza bisogno di interferone e di ribavirina. Effetti collaterali pari a zero, soprattutto rispetto a interferone e ribavirina. Un fondo da un miliardo di euro è già stato previsto ed il ministero della Salute ha inviato i carabinieri del Nas nelle Regioni per verificare lo stato di erogazione dei farmaci a fronte dei ritardi denunciati. Le associazioni dei malati annunciano che le Regioni che non garantiranno i nuovi medicinali verranno segnalate all’autorità giudiziaria.
FONTE: corriere.it
L’articolo Il punto su costi e distribuzione dei nuovi farmaci anti HCV è uno degli articoli di Poloinformativo HIV AIDS.