Notizia da Poloinformativo HIV AIDS
Secondo uno studio pubblicato online sulla rivista HIV Medicine, organo ufficiale della British HIV Association, il trattamento standard con una dose singola di zoledronato in 2 anni sembrerebbe essere efficace sulla densità minerale ossea dei pazienti con HIV affetti da osteoporosi almeno quanto il trattamento con 2 dosi di farmaco nello stesso arco temporale.
Come è stato ampiamente documentato in una review di recente pubblicazione (2), in molti pazienti affetti da HIV è stata documentata una riduzione dei livelli di massa ossea. Si ritiene che, all’aumento del rischio di osteopenia/OP contribuiscano, oltre a fattori di rischio tradizionali quali il fumo, l’impiego di alcool, l’ipovitaminosi D, l’ipogonadismo, la sedentarietà e un basso peso corporeo, anche il virus HIV stesso, alterando i processi di osteoblastogenesi e osteoclastogenesi o con la stimolazione della sintesi di citochine pro-infiammatorie che potrebbero promuovere i processi di riassorbimento osseo.
I bifosfonati (BSF) costituiscono una classe di molecole uniche dal punto di vista farmacologico, essendo in grado di legarsi inizialmente alla massa minerale ossea per poi essere fagocitati all’interno degli osteoclasti nel corso del processo di riassorbimento osseo ed inibire l’attività di queste cellule mediante il blocco di un enzima chiave della via metabolica del mevalonato, la farnesil pirosfosfato sintetasi. Tra i BSF disponibili zoledronato rappresenta la molecola della classe con la maggior potenza di inibizione dell’enzima sopra menzionato ed un’elevata affinità per l’idrossiapatite, fattore, quest’ultimo, predittivo di una prolungata durata d’azione del farmaco.
Obiettivo dello studio è stato quello di valutare efficacia e sicurezza di due regimi di somministrazione di zoledronato, mettendo a confronto tre gruppi di pazienti: quelli sottoposti a trattamento annuale, quelli sottoposti a doppia somministrazione in 2 anni e quelli non sottoposti a trattamento con il BSF (gruppo di controllo).
A tal scopo, 31 pazienti positivi al virus HIV e con bassi livelli di densità minerale ossea sono stati randomizzati, secondo uno schema 2:1, al trattamento con terapia anti-retrovirale e zoledronato (5 mg endovena; 21 pazienti) o con placebo (10 pazienti). Il gruppo in trattamento attivo prevedeva anche l’osservanza di alcuni consigli dietetici. Dopo 48 settimane dal trattamento, i pazienti randomizzati a zoledronato sono stati nuovamente randomizzati, questa volta secondo uno schema di randomizzazione 1:1, al trattamento con una seconda dose del BSF o a continuare l’osservanza di alcuni consigli dietetici.
Gli outcome considerati sono stati rappresentati dalla variazioni di DMO a livello della colonna lombare e dell’anca e da quelle dei marker di turnover osseo.
I risultati hanno documentato che la variazione percentuale mediana della DMO della colonna lombare, misurata dall’inizio dello studio alla 96esima settimana, è stata pari a -1,74%, 7,9% e 5,22% rispettivamente nel gruppo di controllo, in quello sottoposto a monosomministrazione standard di zoledronato e nel gruppo sottoposto a 2 iniezioni di BSF. La significatività statistica del miglioramento ottenuto con il trattamento con zoledronato è stata documentata sia tra il gruppo di controllo e i 2 regimi di somministrazione del farmaco che tra il gruppo di controllo e la dose singola di farmaco, ma non tra i 2 regimi di somministrazione del farmaco, ad indicare la sovrapponibilità dei 2 regimi in termini di outcome.
Lo stesso trend è stato documentato per le variazioni percentuali mediane della DMO a livello dell’anca e per la significatività statistica dei confronti tra gruppi. A 96 settimane, inoltre, lo studio non ha rilevato differenze tra i 2 gruppi in trattamento con BSF per quanto riguarda i livelli dei marker di metabolismo osseo.
Presi nel complesso, i risultati dello studio depongono a favore di una sostanziale equivalenza, in termini di efficacia, dei due regimi alternativi di somministrazione di zoledronato in pazienti affetti da HIV con bassi livelli di DMO, anche se le ridotte dimensioni numeriche del campione non sono sufficienti per escludere la possibilità di esistenza di differenze.
Sono necessari, perciò, nuovi studi, opportunamente dimensionati, in grado di confermare quanto fin qui osservato.
Referenze
Canale informativo: Pharmastar