In Puglia vaccino Hpv gratuito anche per i ragazzi
Relazione al Parlamento sulle attività Aids anno 2013
La relazione, inviata al Parlamento il 2 febbraio 2015, illustra le attività svolte dal Ministero nell’ambito dell’informazione, prevenzione, assistenza e attuazione di progetti relativi all’ Hiv/Aids. La relazione riporta, inoltre, le attività svolte dalla Commissione nazionale per la lotta contro l’Aids e l’attività svolta dall’Istituto superiore di sanità, in particolare le iniziative in tema di sorveglianza dell’infezione da Hiv e dell’Aids, di ricerca e di consulenza telefonica (Telefono Verde AIDS e IST).
La relazione viene predisposta ogni anno, ai sensi dell’articolo 8, comma 3, della legge 5 giugno 1990, n.135. Gli argomenti contenuti sono raggruppati in due capitoli nei quali sono riportate, rispettivamente, le attività svolte dal Ministero della salute e quelle dellIstituto superiore di sanità.
Leggi la relazione al Parlamento.
Fonte: Ministero Della Salute
L’articolo Relazione al Parlamento sulle attività Aids anno 2013 sembra essere il primo su Poloinformativo HIV AIDS.
Nuovo trattamento per Encefalopatia Epatica
Notizia da Poloinformativo HIV AIDS
COMUNICATO STAMPA
Ulteriore riconoscimento a livello europeo per rifaximina-a, molecola frutto della ricerca ‘made in Italy’ di Alfa Wassermann
VIA LIBERA DEL NICE A RIFAXIMINA 550 mg:
IL PRIMO NUOVO TRATTAMENTO PER L’ENCEFALOPATIA EPATICA DEGLI ULTIMI 30 ANNI
· Commercializzato dal 2010 negli Stati Uniti e approvato in Europa nel 2012, il farmaco sarà reso disponibile anche in Inghilterra e Galles.
· Atteso per i prossimi mesi l’arrivo in Italia.
Bologna, 23 febbraio 2015.
Via libera del National Institute for Health and Care Excellence (NICE)[1] a rifaximina-a 550 mg, trattamento innovativo per l’encefalopatia epatica (EE), una patologia neuropsichiatrica grave, associata alla malattia epatica, che incide pesantemente sulla qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti. Ne soffrono circa 200.000 persone in Europa; in Italia si stima che ogni anno circa 9.000 pazienti vengano ospedalizzati a causa della malattia.
Questo trattamento innovativo, autorizzato per la riduzione della recidiva degli episodi di encefalopatia epatica manifesta nei pazienti a partire dai 18 anni, è prodotto da Alfa Wassermann e commercializzato nel Regno Unito da Norgine (nome commerciale TARGAXAN® 550 mg).
“Siamo molto lieti che sia stato riconosciuto l’autentico valore di rifaximina-a 550 mg, esempio dell’eccellenza della ricerca scientifica italiana”, ha dichiarato Pier Vincenzo Colli, Direttore Generale di Alfa Wassermann. “Questa è la conseguenza dell’importanza che questo farmaco riveste per i pazienti, i loro familiari e il sistema sanitario, come dimostrano i dati clinici di real world che sono stati presentati. È fondamentale poter disporre di ulteriori opzioni terapeutiche per l’encefalopatia epatica, poiché la malattia epatica è sempre più diffusa e attualmente non esiste alcuna cura per l’EE, a parte il trapianto di fegato”, ha concluso Colli.
“Accolgo con entusiasmo la decisione del NICE di approvare questo trattamento di vitale importanza che farà realmente la differenza per quanto riguarda la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie”, ha affermato Antonio Gasbarrini, Professore Ordinario di Gastroenterologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Interna e Gastroenterologia del Policlinico Gemelli di Roma. “Le opzioni terapeutiche per i pazienti con encefalopatia epatica sono estremamente limitate – ha aggiunto Gasbarrini – e dal 1969, quando è stato introdotto il lattulosio, non è stato più reso disponibile alcun trattamento. Grazie a rifaximina è invece possibile prevenire con successo le ricadute, trattando i pazienti in modo da ristabilire l’equilibrio del microbiota intestinale. Il farmaco è inoltre ben tollerato, trattandosi di un antibiotico che non viene assorbito dall’organismo”.
[1] NICE, Final Appraisal Determination, ‘Rifaximin for preventing episodes of overt hepatic encephalopathy’, pubblicato il 19 febbraio 2014 e disponibile online all’indirizzo www.nice.org.uk.***
Note per i redattori
L’encefalopatia epatica (EE)
Encefalopatia epatica è l’espressione utilizzata per descrivere una patologia neuropsichiatrica complessa e variabile, che colpisce i pazienti con malattia epatica acuta o cronica, più comunemente associata a cirrosi. I pazienti con EE possono sperimentare sintomi che variano da sottili anomalie neurologiche, clinicamente impercettibili, fino a una grave compromissione neurologica.
Rifaximina-a 550 mg compresse rivestite con film
Rifaximina-a 550 mg è indicato per la riduzione del rischio di recidiva degli episodi di encefalopatia epatica manifesta nei pazienti a partire dai 18 anni. Rifaximina-a 550 mg è un antibiotico ad ampio spettro, che ha come target i batteri commensali intestinali e agisce sugli aerobi e anaerobi Gram-negativi e Gram-positivi, riducendo l’ammoniaca in eccesso prodotta dai batteri intestinali dei pazienti con cirrosi.
Il farmaco è prodotto su licenza di Alfa Wassermann SpA. Norgine attualmente detiene i diritti di commercializzazione per XIFAXAN® 550 mg (noto come TARGAXAN® 550 mg nel Regno Unito e in alcuni altri mercati) in Australia , Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Norvegia, Paesi Bassi, Repubblica d’Irlanda, Svezia, Regno Unito e Svizzera. Il prodotto viene erogato a carico del Servizio Sanitario Nazionale in Scozia, Irlanda, Australia e Germania.
Alfa Wassermann
Alfa Wassermann è un gruppo farmaceutico privato con headquarter a Bologna ed uno stabilimento produttivo situato ad Alanno (PE). Nel 2014 le vendite nette di Alfa Wassermann – presso il quale sono impiegate oltre 1400 persone – hanno superato i 400 milioni di euro. Il gruppo conta inoltre su un numero crescente di società affiliate, sia in Europa sia nei mercati emergenti, come Russia, Cina e Messico. Il suo prodotto principale è rifaximina-a, un antibiotico intestinale selettivo che viene prescritto con i nomi commerciali di TIXTAR/TIXTELLER®, XIFAXAN® e altri, in 33 Paesi, inclusi gli Stati Uniti, dove Salix Pharmaceuticals è la licenziataria esclusiva. Alfa Wassermann ha sviluppato anche altri importanti prodotti: sulodexide (VESSEL®), un eparinoide per le malattie tromboemboliche, e parnaparina (FLUXUM®), un’eparina a basso peso molecolare per il trattamento e la profilassi della trombosi venosa profonda.
Per ulteriori informazioni, visitare il sito www.alfawassermann.it
ALFA WASSERMANN®, il logo ALFA WASSERMANN, XIFAXAN® e TARGAXAN® sono marchi registrati del gruppo societario Alfa Wassermann.
Norgine
Norgine è uno dei principali produttori indipendenti di specialità farmaceutiche in Europa: fondata oltre un secolo fa, è presente in tutti i principali mercati europei. Norgine è impegnata in modo particolare nello sviluppo e nella commercializzazione di prodotti farmaceutici che rispondono alle esigenze cliniche insoddisfatte in aree terapeutiche quali gastroenterologia, epatologia e terapie critiche e di supporto. Norgine possiede un sito dedicato alla produzione e allo sviluppo a Hengoed (Regno Unito) e un secondo sito produttivo a Dreux (Francia). Nel 2012 Norgine ha dato vita a un’attività complementare – Norgine Ventures – che sostiene aziende farmaceutiche innovative in Europa e negli Stati Uniti mediante sovvenzioni simili a debt-financing.
Per ulteriori informazioni, visitare il sito www.norgine.com
Norgine e il “logo della vela” sono marchi del gruppo societario Norgine.
Per ulteriori informazioni:
Angela Del Giudice – 392 6858392 – 02 20424936 – e-mail: a.delgiudice@vrelations.it
Quando le parole agiscono contro di noi: il linguaggio dello stigma.
Un interessante articolo su come le parole influenzano la percezione dell’HIV in modo sbagliato accrescendo pregiudizi e discriminazioni.
Articolo di Candace Y.A. Montague
Da TheBody.com- Traduzione a cura di Poloinformativohiv
February 15, 2015
Quando una persona ha l’HIV, significa che c’è un virus all’interno del suo corpo. Tale diagnosi non significa che la persona è definita dal virus che ha dentro. Ma per molti anni, il linguaggio di HIV / AIDS ha – volontariamente o involontariamente – emarginato gruppi di persone che vivono con l’HIV, così come quelli delle comunità con alti tassi di infezione da HIV. È giunto il momento di riformulare il gergo su HIV / AIDS al fine di potenziare, piuttosto che alienare, ed educare la popolazione generale.
Il CDC Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, definisce l’ HIV come “un virus diffuso attraverso i fluidi del corpo che colpisce le cellule specifiche del sistema immunitario, chiamate cellule CD4 o cellule T. Nel corso del tempo, l’HIV può distruggere molte di queste cellule così che il corpo non riesce più a combattere le infezioni e le malattie”.
Si continua a dire che l’infezione da HIV può causare l’AIDS. Ma spesso l’HIV e l’AIDS nella mente delle persone sono una singola condizione, così le persone che hanno contratto l’HIV sono percepiti come persone che hanno ricevuto una condanna definitiva a morte.
La terminologia può anche favorire lo stigma per errori di identificazione. Vickie Lynn, dottorando presso il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’University of South Florida,in un seminario web del Positive Women’s Network, ha asserito che quando le persone si riferiscono a uomini e donne con HIV, è indispensabile rendere tali etichette secondarie. “Molte persone usano il linguaggio in modo non corretto, penso che questo confonda l’opinione pubblica. Viene messa prima la malattia della persona e non il contrario. Quindi, piuttosto che l’uso di etichette per definire una persona, abbiamo bisogno di usare termini che sono più appropriati. Invece di dire ‘HIV-infected people’ dovrebbero dire ‘le persone che vivono con l’HIV,’ “(il termine inglese HIV-infected people può essere paragonato al nostro ‘sieropositivo’ NdR).
Nel seminario, Lynn e la sua collega Valerie Wojciechowicz, oratore motivazionale e creatore di 4HIVhelp.com, hanno presentato i modi in cui le persone possono reindirizzare l’uso della lingua. Hanno sottolineato come il linguaggio modella il nostro mondo e come scegliere parole abilitanti invece di parole stigmatizzanti. “Il termine ‘AIDS conclamato’ non esiste. La malattia AIDS non ha anche un AIDS a metà. Ci sono alcune persone che utilizzano ancora questo termine, conclamato . Sono rimasto inorridito che giornali rispettabili utilizzano questo tipo di terminologia, “ha dichiarato Lynn. E aggiunge che quando le persone discutono di HIV / AIDS, dovrebbero astenersi da parole stigmatizzanti quali vittime, malato e contaminato. Consiglia anche di sostituire termini come “sesso a rischio” e “promiscuo”, con termini più precisi, come “sesso senza condom” o “senza PrEP” e “avere più partner sessuali.”
Messaggi Misti
I media possono avere un grande effetto su come trasformare il linguaggio stigmatizzante. Sebbene la maggior parte di annunci e campagne siano ben intenzionati, una formulazione imprecisa può involontariamente lavorare contro gli obiettivi desiderati. Frasi che suggeriscono che un partner trasmetta l’ AIDS ad un altro o che le donne dovrebbero insistere nella richiesta dell’uso del preservativo da parte degli uomini può contrastare la responsabilizzazione. l’ AIDS non è trasmissibile; solo il virus che lo causa lo è. La protezione può esserci sia dal partner maschile che da quello femminile in un rapporto. Stare in salute è responsabilità di tutti. Proiettare disinformazione è un altro modo di perpetuare lo stigma.
Inoltre, i messaggi contrastanti possono rafforzare la discriminazione. L’ HIV è stata descritta come una malattia cronica, che riduce l’allarme. Tuttavia, creando un’atmosfera più rilassata intorno a questa condizione – che rimane altamente stigmatizzata e richiede un monitoraggio e cure continue – può anche essere un modo per negare o limitare i servizi importanti necessari per le persone che vivono con l’HIV, come la sanità e gli alloggi.
E se l’HIV è una malattia cronica gestibile che non richiede maggiore attenzione, allora perché l’HIV è utilizzato come mezzo per criminalizzare persone in alcuni stati? Le persone che vivono con l’HIV sono letteralmente perseguiti per la loro saliva, che non trasmette il virus.
Chi è responsabile nel modificare il linguaggio?
I media, i professionisti medici e le istituzioni a sostegno della salute svolgono un ruolo nel cambiare il linguaggio. Ma il cambiamento può anche essere spinto dalle persone che vivono con l’HIV. Fare dichiarazioni auto-denigranti come “Sono malato” o “Ho il virus” possono alimentare la paura in coloro che vivono con l’HIV in situazioni d’abbandono.
Waheedah Shabazz-El, coordinatore organizzativo regionale di PWN-USA e ambasciatrice per Philadelphia FIGHT, vive con l’HIV da 12 anni. Dice che le persone con HIV hanno la possibilità di interrompere il ciclo del linguaggio improprio.
“Le persone che vivono con l’HIV sono le più adatte per creare questo manifesto. Siamo in una posizione migliore per dire al pubblico cosa deve rimanere e cosa no . Mi hanno sempre detto che non è come siamo chiamati, ma come rispondiamo. Si tratta prima di un lavoro interiore che poi diventa un lavoro proiettato al di fuori “.
Le persone che vivono con l’HIV possono agire per uso più efficiente e accurato del linguaggio facendo cambiamenti all’interno delle organizzazioni. Shabazz-El dice che la gente può iniziare a non accettare termini che ritraggono le persone che vivono con l’HIV in una luce negativa. “Abbiamo bisogno di essere coinvolti nel processo decisionale. Ho sentito la gente usa la parola” consumatori “per descriverci. Ma non è utilizzato nel modo in cui lo vediamo nel dizionario. E ‘usato per dire che consumiamo servizi per l’ AIDS. Noi non ci tiriamo indietro. Ho affrontato le organizzazioni e chiesto loro di cambiare la parola ‘consumatori’ nelle loro mission statements. Siamo persone che vive con l’HIV, non consumatori. ”
La disinformazione può essere il nemico della speranza quando le persone stanno cercando di fare il cambiamento, sia nella loro vita individuale o al livello del grande pubblico. Utilizzare un linguaggio impreciso per descrivere le persone che vivono con l’HIV è un modo sicuro per promuovere paura e discriminazione. I sostenitori sottolineano che ci vorrà uno sforzo coscienzioso da parte di tutti per ottenere il cambiamento – ma può essere fatto.
Candace Y.A. Montague is a native of Washington, D.C., and covers HIV news all around the District. She has covered fundraisers, motorcycle rides, town hall meetings, house balls, Capitol Hill press conferences, election campaigns, protests and an International AIDS Conference for The D.C. Examiner.com, emPower News Magazine, the Black AIDS Institute and TheBody.com. One of her two master’s degrees is in community health promotion and education. She is also an educator and a mother of two.
Fonte: The Body
Traduzione e adattamento a cura di Poloinformativohiv
In caso di utilizzo si prega di citare anche la fonte della traduzione
L’articolo Quando le parole agiscono contro di noi: il linguaggio dello stigma. sembra essere il primo su Poloinformativo HIV AIDS.
L’ Hiv non mi riguarda, ecco perchè non faccio il test
Ma perché gli italiani fanno poco il test?
Il presidente di Lila Milano risponde alla domanda posta da Healthdesk nell’articolo del 16 febbraio
Secondo Massimo Oldrini, presidente della Fondazione Lila Milano, «per mille ragioni non è così comune effettuare questo tipo di test». Gioca un ruolo fondamentale la bassa percezione del rischio. O meglio, la convinzione che l’Hiv riguardi solo gli altri. Secondo una ricerca Gfk Eurisko, lo pensano 8 italiani su dieci. In altre parole, l’80% della popolazione è convinta di non correre alcun pericolo. E non perché sia difficile contrarre il virus, ma perché essenzialmente sarebbero a rischio tossicodipendenti, omosessuali e chi ha relazioni promiscue. Insomma, stigma sociale e disinformazione hanno ancora un peso rilevante. «Subiamo infatti ancora l’eco della cattiva comunicazione fatta negli anni iniziali dell’epidemia: quando si parlava di categorie a rischio, quindi di omosessuali e tossicodipendenti, e non si diceva che anche i rapporti eterosessuali espongono al rischio di contagio se non si usa il preservativo».
Ma un altro fattore deterrente è l’accesso al test. «In Italia – continua Oldrini – c’è una situazione a macchia di leopardo. Il test (lo sancisce la Legge n. 135 del 1990) dovrebbe essere anonimo, gratuito, e accompagnato da un colloquio con personale esperto, che sia di sostegno alla persona che si sottopone al test e veicoli informazioni sui comportamenti a rischio. Ma non ovunque è così. Inoltre se in alcune regioni i punti test si trovano in tutte le asl e in tutti i distretti, in altre invece bisogna percorrere 70 chilometri per poter eseguire il test».
Medici parlate di Aids
Da non sottovalutare, poi, secondo il presidente della Lila Milano, il ruolo dei medici di famiglia: «Raramente parlano con i propri assistiti di questioni legate alla sessualità e anche in caso di malattie fortemente correlate all’Hiv non suggeriscono ai pazienti di fare il test». E il peso della cecità politica: «In Italia non si può parlare di educazione sessuale nelle scuole, non si può promuovere l’uso del preservativo, e l’unica cosa fatta per sensibilizzare all’uso del test è riuscita male. Mi riferisco ai fondi (15 milioni di euro) stanziati per gli “Obiettivi di Piano Sanitario Nazionale 2012”, per finanziare una serie di progetti regionali relativi al test Hiv. Non tutto è andato come auspicato e, insieme a Cittadinanzattiva, la Lila ha denunciato le irregolarità nell’utilizzo regionale dei fondi».
Non si può sparare sul mucchio. L’importante è prevenire
«In ogni caso, in termini di salute pubblica, non è pensabile uno screening generale della popolazione: in media infatti su 100 persone che si sottopongono al test soltanto una risulta sieropositiva. Bisognerebbe invece favorire e semplificare l’accesso al test. A tal fine, in collaborazione con Asl Milano e Anlaids, il San Raffaele offre ogni mese, gratuitamente, il test rapido su saliva per l’individuazione di anticorpi specifici del virus Hiv. Entro pochi minuti dal prelievo del tampone, siamo in grado di fornire il risultato: se è negativo si può escludere con certezza il contatto con l’Hiv, in caso di positività, invece, si procede con l’esame standard su sangue per la conferma. Ma non è un modo per stanare il sommerso: riusciamo a eseguire soltanto intorno ai 2.000 test all’anno nella città di Milano».
«Non ci dimentichiamo però – conclude Oldrini – che il test, su sangue o su saliva, può accertare l’infezione già avvenuta. È cioè uno strumento diagnostico e non di prevenzione. Fare prevenzione significa investire in campagne di comunicazione, formazione e sensibilizzazione per tutelare la salute di tutti».
Fonte: Healthdesk
L’articolo L’ Hiv non mi riguarda, ecco perchè non faccio il test sembra essere il primo su Poloinformativo HIV AIDS.
Nuovo farmaco mostra alto livello di protezione: “Ottimisti, ma bisogna essere cauti”
Alcuni ricercatori del The Scripps Research Institute hanno elaborato un farmaco che promette di bloccare l’infezione delle cellule del sistema immunitario da parte dell’HIV, il virus alla base dell’AIDS. I ricercatori sostengono che grazie al nuovo metodo, che si “maschera” fingendosi i due recettori a cui si lega l’HIV, si potrebbe elaborare un vaccino, un farmaco che possa impedire l’infezione.
Pubblicata sulla rivista Nature, questa ricerca ha mostrato buoni risultati per cui gli scienziati, guidati dal Prof. Michael Farzan, professore per le malattie infettive presso lo Scripps Research Institute, sono generalmente ottimisti: “E’ efficace al 100%. Non ci sono dubbi che sia l’inibitore di ingresso di più larga portata che ci sia”. Gli fa eco Anthony Fauci, direttore presso il National Institute of Allergy and Infectious Diseases, che ha finanziato questo studio: “Questa innovativa ricerca pone le basi per un passo avanti verso due importanti obiettivi: raggiungere una protezione a lungo termine per l’infezione da HIV e porre l’HIV in fase di remissione nelle persone infette”.
Per testare questo farmaco sperimentale, gli scienziati hanno ricreato una proteina unendo insieme gli elementi dei due ricettori che si fondono con l’HIV e da cui si propaga poi l’infezione. Per assicurarsi che la proteina potesse essere realmente efficace, hanno somministrato alle quattro scimmie usate in laboratorio una dose del virus HIV quadruplicata rispetto a quella necessaria per infettare il gruppo di controllo. La proteina creata, chiamata eCD4-Ig, è riuscita a proteggere con successo le scimmie per 40 settimane.
Il nuovo approccio si basa sulla premessa che l’HIV “colpisca” una sola volta. Questa nuova proteina si mimetizza dai ricettori che vengono infettati dal virus; in questo modo, l’HIV infetta le cellule “finte” e l’infezione viene ingabbiata all’interno della proteina impedendo che si propaghi nel resto del sistema immunitario. Una soluzione che, seppur sia ancora sperimentale e quindi lontana dall’effettivo uso pratico, è stata ben accolta anche dai ricercatori non coinvolti nello studio, come Nancy Haigwood, ricercatrice dell’HIV presso l’Oregon Health and Science University: “E’ molto astuto e molto potente” si legge sulle pagine del The Wall Street Journal. E si spinge fino a dire che “sarà molto meglio di qualsiasi vaccino all’orizzonte”.
Ottimista sì, ma aspettiamo prima di lanciare falsi successi: “Diversamente dagli anticorpi, che non riescono a neutralizzare gran parte dei ceppi dell’HIV-1, la nostra proteina è stata efficace contro ogni ceppo testato aumentando le possibilità che possa offrire un’efficace alternativa come vaccino per l’HIV” sostiene Farzan, come riportato dall’Agenzia di Stampa Francese (AFP), che però sottolinea che “ovviamente, abbiamo bisogno di ulteriori studi di sicurezza sia sulle scimmie che sugli esseri umani”. Un conto è vedere le scimmie protette con successo e un altro è quello di confermarne la bontà sugli esseri umani. Invita alla cautela anche il Dott. Shaun Griffin, direttore degli Affari Esterni presso il Terrence Higgins Trust: “Si tratta un nuovo approccio esaltante, ma finché il vaccino non è stato provato sugli esseri umani, non c’è modo di sapere quanto possa essere efficace. Sebbene sia stato dimostrato che il vaccino è efficace sulle scimmie, l’HIV è un virus molto complesso, di cui stiamo ancora iniziando a conoscere le sue sfaccettature”.
La ricerca condotta dal Prof. Farzan si basa su uno studio del Prof. Philip Johson del 2009, che ha suggerito che si debbano sperimentare nuove modalità di cura e prevenzione dell’AIDS. Lo stesso Johnson, alla luce di questi risultati, ha commentato: “Sembra essere una molecole straordinariamente potente. Convalida ancora di più l’idea secondo cui dovremmo valutare metodi alternativi per colpire l’HIV. Per me, i risultati sui primati non-umani sono straordinari”.
FONTE: it.ibtimes.com
L’articolo Nuovo farmaco mostra alto livello di protezione: “Ottimisti, ma bisogna essere cauti” sembra essere il primo su Poloinformativo HIV AIDS.
Hiv, sviluppato un inibitore potente quanto un vaccino
Interazioni Isentress (raltegravir) con antiacidi
Il 18 febbraio 2015, la FDA ha approvato le modifiche al foglio illustrativo di Isentress (raltegravir) per includere informazioni aggiornate per quanto riguarda la somministrazione concomitante di raltegravir e antiacidi contenenti alluminio e/o magnesio.
Nuovi dati mostrano che la sommonistrazione di antiacido contenente alluminio e/o magnesio entro 6 ore dalla somministrazione di Isentress riducono significativamente i livelli plasmatici di raltegravir.
Di seguito il comunicato originale FDA
On February 18, 2015, FDA approved changes to the Isentress (raltegravir) label to include updated information regarding the coadministration of raltegravir and aluminum and/or magnesium containing antacid.
New data show taking an aluminum and magnesium antacid within 6 hours of Isentress administration significantly decreased raltegravir plasma levels. The previously approved Isentress label recommended against coadministration or staggered administration by 2 hours with aluminum and magnesium antacids. The new label recommendations state coadministration or staggered administration of aluminum and/or magnesium hydroxide-containing antacids and Isentress is not recommended.
Isentress, indicated in combination with other antiretroviral agents for the treatment of human immunodeficiency virus (HIV-1) infection in patients 4 weeks of age and older, is a product of Merck & Co.
The updated label will be posted soon on DailyMed.
Richard Klein
Office of Health and Constituent Affairs
Food and Drug Administration
Kimberly Struble
Division of Antiviral Products
Food and Drug Administration
Steve Morin
Office of Health and Constituent Affairs
Food and Drug Administration
Fonte: FDA
L’articolo Interazioni Isentress (raltegravir) con antiacidi sembra essere il primo su Poloinformativo HIV AIDS.
Le organizzazioni contro l’HIV sollecitano la continuazione dello studio D:A:D
Lo studio D:A:D segue 50.000 persone sieropositive da più di 15 anni valutando, nell’arco di questo periodo, sicurezza dei farmaci ed effetti collaterali. Grazie ai risultati dello studio D:A:D sono cambiate le linee guida e la gestione delle terapie. Si sono identificati effetti collaterali non conosciuti prima e si è potuto fare scelte terapeutiche ottimali in base alle esigenze dei pazienti.
Alcune organizzazioni – AIDS Treatment Activists Coalition – ATAC, European AIDS Treatment Group – EATG, European Community Advisory Board – ECAB, Treatment Action Group -TAG (USA), HIV i-Base (UK), Grupo de Trabajo sobre Tratamientos del VIH – gTt (Spain), Adhara (Spain), Nadir Onlus (Italy), Plus Onlus (Italy) sostengono fortemente lo studio D:A:D. e hanno chiesto alle aziende farmaceutiche di continuare a finanziare questo studio vitale.
Fonte: Treatment Action Group
Di seguito alcune motivazioni (in italiano):
I farmaci anti-HIV sono utilizzati in combinazione, quindi è giusto che le aziende che producono e vendono questi farmaci collaborino a questo studio sulla sicurezza a lungo termine.
Esortiamo le seguenti società a continuare a finanziare questo studio vitale: AbbVie, Bristol-Myers Squibb, Gilead Sciences, Janssen, Merck Sharpe Dohme e ViiV Healthcare.
Il finanziamento deve inoltre permettere di aggiungere nuovi pazienti per altri cinque anni, dal momento che molti inizieranno il trattamento con nuovi farmaci anti-HIV
Lo studio D:A:D è stato originariamente creato per valutare i rischi della terapia antiretrovirale su fegato e cuore.
Da allora, D: A: D ha risposto a molte altre questioni di sicurezza a lungo termine che includono:
Il rischio di effetti collaterali rari da singoli farmaci ; Farmaci anti-HIV e cambiamenti corporei ;Farmaci anti-HIV e la pressione sanguigna; la sicurezza a lungo termine dei farmaci anti-HIV nei riguardi del fegato e le coinfezioni con epatiti;il rischio di malattie cardiache ; Farmaci anti-HIV e malattie renali; HIV e tumori, in particolare quelli non-AIDS correlati; Farmaci anti-HIV e il diabete; Farmaci anti-HIV e ictus
Ha permesso di sviluppare strumenti pratici per la stima del rischio di malattie cardiache e renali nelle persone sieropositive, ha riportato nuovi effetti collaterali che non sono stati trovati quando i farmaci sono stati studiati ed ha anche mostrato che altri farmaci non hanno questi effetti collaterali.
Perchè serve ancora?
Perchè è necessario rispondere alle stesse domande di efficacia e sicurezza per i nuovi farmaci e per le combinazioni.
Perché i suoi risultati danno alle persone la fiducia necessaria per iniziare il trattamento dell’HIV.
Perchè si tratta di uno studio indipendente che produce dati reali e comprende anche persone che non sono ben rappresentati negli studi, come le donne.
Perché è in grado di rilevare nuovi problemi di sicurezza che potremmo ancora non conoscere ed è in grado di valutare i rischi in gruppi specifici di persone che vivono con l’HIV. Ad esempio, per età dell’ infezione, genere, etnia, razza, orientamento sessuale, l’uso di sostanze, persone più giovani e più anziani.
Perchè la terapia è per tutta la vita, quindi servono osservazioni più a lungo termine possibile per la sicurezza e la tollerabilità dei farmaci. Questo è particolarmente vero quando si invecchia. Entro il 2016, più di 5.000 persone nello studio D: A: D saranno oltre i 60 anni. La metà delle persone arruolate saranno in terapia da più di 10 anni.
Potranno essere identificati problemi di sicurezza o escludere preoccupazioni relative ai nuovi farmaci o alle nuove classi. Si potranno valutare i risultati a lungo termine dopo il trattamento con i nuovi farmaci contro l’epatite C. Si potranno avere informazioni sui farmaci generici, sulle coformulazioni e sulle interazioni farmacologiche.
Se lo studio D:A:D sarà interrotto tutto andrà perduto per sempre.
Le associazioni che desiderano supportare la richiesta possono firmare la lettera/petizione entro il 20 febbraio a questo link
Fonte : TAG
Canale informativo: newsletter Aidsmap
Traduzione a cura di Poloinformativohiv
L’articolo Le organizzazioni contro l’HIV sollecitano la continuazione dello studio D:A:D sembra essere il primo su Poloinformativo HIV AIDS.